La Corte internazionale di giustizia rigetta le obiezioni di Mosca, ma per l’Ucraina si tratta di una vittoria a metà.
La scelta di Kiev di sottoporre la Federazione Russa al giudizio della Corte internazionale di giustizia potrebbe rivelarsi fatale per la credibilità dell’Ucraina. Per quanto le obiezioni della parte in causa – in merito all’imposizione di interrompere immediatamente le ostilità – siano state rigettate, i giudici hanno ritenuto gli invasori esenti dall’accusa di finanziare organizzazioni terroristiche e di ricoprire il ruolo di aggressori ai danni di una nazione fondamentalmente innocente. Negata dunque, in via definitiva sembra, la presunta illiceità delle azioni promosse da Vladimir Putin contro i territori presieduti da Volodymyr Zelensky. L’unico punto sul quale la Cig intende ancora indagare risiede nell’accusa di genocidio e accanimento sulla popolazione civile ucraina.
In particolare l’Ucraina si è appellata alla Convenzione sul genocidio del 1948, evidenziando alcuni punti presumibilmente violati dall’esercito della Federazione Russa e dalle amministrazioni governative del Cremlino. Tuttavia, la Cig ha sottolineato come l’uso della forza da parte dei nemici di Kiev e il riconoscimento di Mosca delle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk non rientrino nelle loro facoltà. I giudici, pertanto, hanno spiegato che preferiscono non pronunciarsi a riguardo. In fondo, al termine dell’udienza, è emerso chiaramente come Vladimir Putin abbia un po’ perso ed un po’ vinto. Mentre il rivale ha ricevuto uno sterile contentino – se così vogliamo chiamarlo.
Vittoria a metà
L’errore commesso dagli ucraini risiede nella scelta di appellarsi alla Convenzione sul genocidio, il cui testo tratta esclusivamente il tema dell’annientamento sistematico di un popolo in quanto tale. La Corte internazionale di giustizia ha quindi garantito a Kiev l’intenzione di proseguire con il processo internazionale e con le indagini, ma si è dovuta fermare quando la nazione colpita ha iniziato a nominare “l’illiceità dell’invasione”, poiché la scelta di cedere al fascino della guerra espressa chiaramente da Vladimir Putin esula da quanto espresso tra le pagine della Convenzione del 1948.
“Il paradosso, adesso, è che quando la Corte dovrà giudicare sul merito” – ha spiegato il professor Edoardo Greppi, docente di Diritto internazionale presso l’Università di Torino – “starà probabilmente all’Ucraina dimostrare di non aver commesso crimini genocidari nel Donbass”. Egli, dunque, ritiene che la scelta di Kiev di fare immediatamente ricorso, in seguito al lancio delle prime bombe da parte del nemico, possa rivelarsi affrettata ed oltremodo azzardata.