Hamas potrebbe rifiutare la proposta riguardante il rilascio degli ostaggi israeliani. L’organizzazione ha ancora voglia di combattere.
I vertici dell’organizzazione terroristica avrebbero dovuto rispondere alla proposta formulata a Parigi, con la mediazione di Egitto e Qatar, nella giornata di domenica 4 febbraio. Eppure, tutto ciò che la comunità internazionale ha ottenuto nelle ultime ore si riassume in un agghiacciante ed assordante silenzio. A quanto pare, così come Bibi non intende retrocedere sulle sue posizione, Hamas avrebbe intenzione di rifiutare qualsiasi accordo che preveda una tregua temporanea ed un “modesto” numero di palestinesi liberati per ogni ostaggio israeliano. Stando a quanto riportato dal canale televisivo Channel 12, Yahya Sinwar – leader del movimento islamista – avrebbe deciso di respingere categoricamente quanto pattuito dalle nazioni mediatrici.
Egli, così come Benjamin Netanyahu, stringe nelle sue mani il destino di centinaia di migliaia di palestinesi. Ciò nonostante, entrambi i leader hanno manifestato un atteggiamento ottuso e categorico in merito agli obiettivi reciproci pattuiti. Uno ritiene che la guerra non finirà fino a quando Hamas dominerà Gaza e l’altro sostiene invece che continuerà a combattere fino al raggiungimento dell’indipendenza e l’allontanamento delle Idf dal territorio palestinese. Laddove Sinwar e Bibi si rifiutino di cedere a compromessi, il conflitto israelopalestinese perdurerà fino al completo annientamento di una o dell’altra fazione. Un circolo vizioso che la comunità internazionale sta cercando di spezzare.
Hamas ha ancora voglia di combattere
Il consigliere americano per la Sicurezza Nazionale Usa, Jake Sullivan, ha tenuto a sottolineare quanto la pace appaia ancora lontana. E mentre Hamas rimane in silenzio, Benjamin Netanyahu ha voluto ribadire: “L’obiettivo essenziale è innanzitutto l’eliminazione di Hamas“. Un’operazione, questa, che si costruisce su tre fasi: punto primo – l’esercito israeliano distruggerà tutti i battaglioni presieduti dall’organizzazione (17 su 24 sono già stati neutralizzati); secondo step – le Idf eseguiranno il rastrellamento dell’intero territorio della Striscia attraverso raid pianificati; per concludere, sarà necessario distruggere la fitta rete di tunnel che domina il sottosuolo di Gaza.
“I nostri sforzi per liberare gli ostaggi procedono incessantemente” – prosegue Bibi nel suo accorato e toccante monologo, ma – “Come ho già detto, non accetteremo ogni accordo, né ad ogni mezzo”. Ciò significa – chiaramente – che la tutela dei connazionali non rappresenta certo la prima priorità del leader israeliano. Le vite dei prigionieri, in fondo, non sono nulla a confronto del controllo della sicurezza nella Striscia di Gaza. Nel frattempo, sembra che Sinwar stia studiando una controfferta da presentare al rivale e alle nazioni mediatrici.