L’Occidente dovrà fronteggiare una guerra economica, l’inaccessibilità delle acque del Mar Rosso rappresenta un problema non indifferente.
“La crisi del Mar Rosso è il singolo evento più grande, addirittura più grande dell’impatto iniziale della pandemia” – con queste parole Alan Murphy, amministratore delegato della Sea-Intelligence, ha descritto quanto accade in prossimità dello stresso di Bab el-Mandeb. La porta che conduce al canale di Suez è resa inaccessibile dagli attacchi dei ribelli Houthi. Stati Uniti e Regno Unito, sostenuti da una flotta composta da Australia, Bahrein, Canada, Paesi Bassi e Nuova Zelanda, hanno messo a punto un piano di attacco mirato alle basi operative del movimento yemenita filo-iraniano. Tuttavia, almeno per il momento, sembra che i ribelli non abbiano intenzione di lasciare la presa.
La piattaforma PortWatch del Fondo Monetario Internazionale ha prodotto una prima stima riguardante il flusso di navi che, nel mese di gennaio 2024, hanno attraversato la zona rossa. Il numero di unità commerciali è diminuito del 37%, del 52% solo presso lo stretto di Bab el-Mandeb. Al contempo il numero di navi le quali hanno attraversato Capo di Buona Speranza, circumnavigando l’Africa, è cresciuto del 70%. La multinazionale logistica Kuehne + Nagel ha specificato che ben 217 navi hanno preferito la seconda tratta, lunga all’incirca 6mila km in più, piuttosto che rischiare di subire le conseguenze delle rappresaglie degli Houthi nel Mar Rosso.
Mar Rosso, niente navi nel Mediterraneo
Ora come ora la crisi che imperversa nelle acque del Mar Rosso non ha implicato gravose ripercussioni nel Bel Paese. I prezzi di gas e petrolio risultano grossomodo stabili e lo stesso discorso vale per le materie prime. Il discorso è diverso nel caso del settore automobilistico: il ritardo o, ancor peggio, l’assenza di approvvigionamenti manifatturieri potrebbe provocare un aumento esponenziale dei prezzi associati ai servizi di manutenzione dei veicoli, soprattutto rispetto agli elementi laminati provenienti dall’Asia.
Il Capodanno cinese, durante il quale le attività vengono categoricamente sospese, contemplerà l’insorgere di ulteriori ritardi. “I prodotti al consumo e quelli riservati alla grande distribuzione potrebbero subire un effetto domino” – spiega il presidente di FederAgenti, Alessandro Santi. Ad ogni modo, il numero di navi che riesce a raggiungere i porti italiani nei tempi prestabiliti è diminuito dell’11%, un dato che non preoccupa particolarmente i cittadini, ma che potrebbe trasformarsi ben presto in una spina nel fianco laddove la flotta navale europea e statunitense non riuscisse a neutralizzare i ribelli yemeniti filo-iraniani una volta per tutte.