I corpi di alcuni prigionieri palestinesi, avvolti in sacchi della spazzatura, sono stati rinvenuti in una fossa comune.
Il corpo di 30 prigionieri palestinesi è stato rinvenuto sotto un cumulo di terra morbida. I cadaveri, in via di decomposizione, presentavano delle bende sugli occhi e le braccia legate dietro la schiena. Il Ministero della Sanità di Gaza è intervenuto nel merito, ribadendo l’effimera violenza manifestata dalle Idf ai danni della popolazione. Le identità delle vittime sono sconosciute: non è noto dunque se si tratti di terroristi ed esponenti di Hamas, di prigionieri civili oppure di vittime prese a campione poiché apparentemente sostenitrici della causa del partito estremista. La fossa comune individuata dai miliziani non rappresenta certo l’unico cimitero. Il Ministero della Sanità ha infatti sostenuto: “Questo cimitero potrebbe essere uno dei numerosi altri cimiteri, non ancora scoperti”.
L’impossibilità dei giornalisti di accedere alla Striscia si traduce inevitabilmente in una censura. Per quanto le organizzazioni umanitarie presenti sul territorio producano periodici resoconti sulle condizioni precarie alle quali i palestinesi sono sottoposti, rimane comunque difficile accedere ad una visione chiara di quanto accade a Gaza. Il trattamento riservato ai civili dalle Idf è ignoto, così come il destino dei prigionieri trattenuti dalle forze armate israeliane. Il ritrovamento dei 30 corpi, avvolti in sacchi della spazzatura e disumanizzati, dimostra quanto il conflitto israelopalestinese stia sfuggendo alle regole e alle spinte etiche che dovrebbero appartenere a qualsiasi popolo civilizzato.
Gaza abbandonata a sé stessa
L’85% della popolazione palestinese residente a Gaza ha dovuto lasciare la propria abitazione a causa del mal tempo. La distruzione degli edifici, provocata dai ripetuti raid israeliani, impedisce ai civili di proteggersi dal freddo e dalle intemperie. Il campo profughi di Jabalia si è allagato in seguito al sopraggiungere delle piogge e l’acqua ha danneggiato i pochi vestiti e coperte di proprietà dei sopravvissuti. Una donna ha denunciato l’assenza di cibo e di acqua potabile, una condizione che prima di tutto colpisce i più fragili: anziani e bambini.
Il segretario generale delle Nazioni Unite ha rinnovato il suo appello relativo all’invio di finanziamenti all’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi). Le richieste di Antonio Guterres sono però cadute nel vuoto. La diffusione della notizia secondo cui alcuni esponenti dell’Unrwa abbiano collaborato con i terroristi di Hamas nella pianificazione dell’attentato del 7 ottobre ha spinto molti degli Stati membri a ritirare i propri pacchetti di aiuti. Il principale paese donatore, la Norvegia, ha tentato di persuadere le altre nazioni a rivedere la propria posizione, senza tuttavia ricevere – almeno per il momento – riscontro positivo.