Si alzano potenti le proteste a Tel Aviv. La popolazione non ne può più e chiede le dimissioni di Netanyahu.
Nel cuore di Tel Aviv, la principale piazza della città è stata teatro di una manifestazione intensa sabato 27 gennaio. Centinaia di cittadini che hanno espresso il loro malcontento nei confronti del governo israeliano, guidato dal primo ministro Beyamin Netanyahu.
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La giornata inoltre, coincideva con il Giorno della Memoria per le vittime dell’Olocausto, un contesto particolarmente significativo che ha amplificato l’eco delle proteste. La folla, oltre a chiedere il rilascio immediato degli ostaggi israeliani ancora trattenuti a Gaza, ha visto la partecipazione delle famiglie direttamente coinvolte, le quali hanno avanzato la richiesta di dimissioni del premier. La situazione è rapidamente sfociata in scontri con la polizia a cavallo, schierata per mantenere l’ordine pubblico.
Le richieste della popolazione
Testimoni oculari segnalano che diversi arresti violenti sono avvenuti in alcune zone chiave della città, come Kaplan Street e piazza Habima. Gli scontri con le forze dell’ordine sono emersi in concomitanza con la richiesta unanime dei manifestanti di porre fine al mandato di Netanyahu e di instaurare un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. Il primo ministro, tuttavia, ha respinto le richieste, affermando che tali proteste rafforzano il gruppo militante Hamas e che comprende le emozioni della popolazione, ma le considera non costruttive.

Tra i partecipanti al corteo si sono distinti i membri del Fronte Rosa, un gruppo di protesta anti-Netanyahu nato nel 2020. Al loro fianco si sono uniti organizzazioni pacifiste che hanno enfatizzato la necessità di porre fine alla presenza militare israeliana in Cisgiordania, oltre a chiedere il cessate il fuoco immediato a Gaza. Il gruppo “Looking the Occupation in the Eyes” ha portato avanti lo slogan “Il giorno dopo è adesso”, sottolineando l’urgenza di prendere decisioni cruciali per il futuro della Striscia di Gaza.
Parallelamente alle proteste in piazza, decine di persone hanno manifestato di fronte alla residenza privata di Netanyahu a Cesarea. Le famiglie degli ostaggi hanno esposto foto dei 136 rapiti ancora trattenuti a Gaza, simboleggiando la loro angoscia e il desiderio di vedere una risoluzione immediata della situazione. Il contesto delle proteste durante il Giorno della Memoria ha aggiunto un ulteriore strato di complessità alle dinamiche politiche e sociali in corso. Tutto questo richiama l’attenzione sulla necessità di affrontare non solo le questioni immediate legate agli ostaggi, ma anche le preoccupazioni più ampie sulla leadership e la politica del governo israeliano. Che sia la fine per Netanyahu?