La globalizzazione ha prodotto un sistema di reciproca indipendenza tra le potenze e superpotenze. In questo risiede il successo dei ribelli Houthi.
L’impossibilità delle navi commerciali di attraversare il canale di Suez influenzerà inevitabilmente diversi settori, tra cui quello automobilistico. Nelle ultime settimane diverse aziende hanno registrato un significativo ritardo nella consegna dei pezzi di ricambio, soprattutto riguardo i cosiddetti laminati. Si fa riferimento quindi a cofani motore, parafanghi, parti di scocca della carrozzeria, portiere e simili. Ciò implica non solo un considerevole aumento del prezzo finale del servizio e del prodotto, bensì anche un conseguente rallentamento in termini di consegna. Gran parte delle componenti auto viaggia per le acque del Mar Rosso, una tratta purtroppo irrinunciabile.
Non dobbiamo poi dimenticare il rischio associato alla possibilità che la malavita approfitti di questa condizione di stallo finanziario, per mettere le mani sul settore automobilistico. Il presidente di Federcarrozzieri, Davide Galli, ha spiegato come ultimamente il numero di auto depredate dei loro pezzi di ricambio sia aumentato. Si tratta di furti su commissione, volti all’accumulo di tutti quegli elementi che, allo stato attuale, risultano inaccessibili alle aziende automobilistiche. Il rischio che, come un effetto domino, le società diventino dipendenti dalla malavita organizzata preoccupa tanto quanto il prolungamento inesorabile della crisi mediorientale.
Le prime aziende ad aver subìto le conseguenze della crisi mediorientale sono Tesla e Volvo, le quali – nel mese corrente – hanno annunciato uno shutdown temporaneo nelle sedi europee per mancanza di pezzi di ricambio. I prodotti, di fatto, provenienti dall’Asia, attendono di circumnavigare l’Africa, nella speranza che i ribelli yemeniti filo-iraniani non estendano ulteriormente il loro range d’azione. Il disagio associato al ritardo nei rifornimenti ha toccato infine anche Renault, Nissan, SsangYong, Lynk & Co, MG e Dr.
I vertici di suddette società hanno comunicato un rallentamento di produzione e riparazione che oscilla tra i 15 e i 60 giorni di attesa. “Se la situazione non tornerà in breve tempo alla normalità, assisteremo ad un’impennata dei costi degli autoricambi” – spiega Davide Galli – “come effetto di una domanda enormemente superiore all’offerta e, conseguentemente, a riparazioni sempre più costose e lunghe”. La crisi che imperversa nelle acque del Mar Rosso influenza diverse categorie del settore secondario. E ciò rappresenta l’inevitabile conseguenza di un sistema sempre più globalizzato, nel quale i singoli Paesi non godono dell’autonomia e indipendenza finanziaria, sociale, economica e – in tal caso – produttiva.
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