Come un effetto domino, l’intero sistema del benessere costruito dalla comunità internazionale sta crollando. Gli Houthi non si fermano.
La comunità internazionale sta combattendo una guerra economica, le cui conseguenze ricadranno presto sui consumatori. Sostenere che la crisi mediorientale non riguardi l’Occidente – così come l’Oriente – ormai rappresenta una mera illusione, un’utopia. Le rappresaglie degli Houthi non si sono arrestate, neanche di fronte alle minacce degli Usa ed UK. Al contrario, la fiamma che alimenta la loro rabbia ha assorbito ossigeno proprio dal sostegno manifestato dagli alleati di Israele. I ribelli yemeniti filo-iraniani non si fermeranno e questo per l’Europa rappresenta un problema profondamente gravoso. Per quanto sia ancora presto per stabilire con precisione quanto l’inaccessibilità del Mar Rosso influenzerà l’intero sistema commerciale, è opportuno analizzare l’incremento dei costi di trasporto e produzione.
Parlando del Bel Paese, solo nel mese di novembre il numero di unità navali che hanno raggiunto le nostre coste, partendo dall’Oriente, è diminuito del 20%. Percentuale che lieviterà a causa dei festeggiamenti del Capodanno cinese, durante i quali si interrompe qualsiasi tipo di attività. Inoltre, la necessità di circumnavigare l’Africa, evitando dunque lo stresso di Bab el-Mandeb, ha causato dei forti ritardi nella consegna delle merci, con un conseguente rallentamento dell’intera produzione. Si aggiungono infine gli incrementi dei costi associati alla tratta: un viaggio da Genova a Shangai, da 1400 dollari, è lievitato a 6.363. Tutto ciò, presto o tardi, ricadrà sul prezzo finale del prodotto.
Crisi nel Mar Rosso, una guerra economica
Il 16% delle esportazioni italiane attraversano il Mar Rosso, soprattutto se facciamo riferimento al settore moda. Le Regioni che potrebbero subire le conseguenze più disastrose della crisi mediorientale sono Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. In questi territori, gli investimenti import/export oscillano dai 2 miliardi ai 12,9 miliardi di euro. Ebbene, secondo i calcoli di Confartigianato, negli ultimi tre mesi il nostro Paese ha perso 3,3 miliardi di euro per esportazioni mancate o ritardate, e ben 5,5 miliardi di euro per la mancanza di approvvigionamento dei prodotti manifatturieri.
Parliamo dunque di 95 milioni di euro al giorno. E’ inverosimile che ciò non influenzi minimamente il costo del prodotto finale. L’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) ha calcolato che, un tale incremento dei costi di trasporto, potrebbe provocare un aumento dei prezzi dell’1,8%. Un dato che dipenderà inesorabilmente dal proseguimento del conflitto israelopalestinese. Laddove la crisi nel Mar Rosso dovesse prolungarsi ulteriormente, la percentuale di inflazione lieviterà con essa.