Arriva un primo verdetto da parte della Corte dell’Aja. Israele dovrà ancora difendersi dall’accusa di genocidio
Mentre ci avviciniamo al quarto mese di guerra tra Israele e Hamas, un’altra battaglia – questa volta legale – si sta combattendo nell’Aia, presso la Corte penale internazionale.
A seguito della richiesta di indagine da parte del Sudafrica nei confronti di Israele, è arrivato un nuovo verdetto che respinge la richiesta dello Stato ebraico di archiviare l’indagine riguardo eventuali atti di genocidio compiuti nella Striscia di Gaza. L’inchiesta continuerà.
Le accuse di genocidio
Si complicano le cose per Israele. Durante il processo che si sta svolgendo presso la Corte dell’Aja, la giudice americana Joan Donoghue ha affermato che ci sarebbero alcuni atti commessi dall’esercito israeliano che rientrerebbero tra le violazione della convenzione sul genocidio. Dunque, il caso non verrà archiviato e l’iter proseguirà. Ma c’è già una prima svolta. La Corte ha infatti ordinato al governo israeliano di prevenire il “genocidio” dei palestinesi in tutti i modi possibili. Sono state pronunciate misure provvisorie da imporre ad Israele, chiedendo ad Israele di non commettere un genocidio nella Striscia di Gaza.
Nel processo sono state ricordate anche frasi da pronunciate da funzionari israeliani, potenzialmente con un ruolo di incentivazione al genocidio. Tra queste quelle del ministro della Difesa Yoav Gallant. Poco prima dell’invasione, infatti, Gallant ha ordinato “l’assedio completo della Striscia di Gaza“. Un assedio che, seguendo le parole di Gallant, serviva per combattere “animali umani“. Ora la preoccupazione è che la situazione nella Striscia di Gaza, già disperata, possa ulteriormente peggiorare. Sono centinaia di migliaia le le persone sfollate che ora vivono in condizioni al limite dell’essere umano. Per non parlare di numerosi bambini che dovranno affrontare anche i traumi della guerra e delle sue conseguenze. La situazione continua ad essere difficile anche per le strutture sanitarie, continuamente sotto attacco.
A riprendere la decisione della Corte internazionale è stato anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. La sua intenzione è sempre stata quella di sostenere le richieste alla Corte internazionale di giustizia di riconoscere la guerra di Israele come un crimine di guerra. “Credo che arriveranno risultati positivi sia dalla Corte di giustizia sia dalla Corte penale internazionale“, ha dichiarato il presidente. Intanto la Corte internazionale di giustizia ha espresso “consapevolezza riguardo la portata della tragedia umana” che si sta registrando in tutta la Striscia di Gaza.
Come ha reagito Israele
In attesa di una sentenza definitiva, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha imposto ai membri del suo governo di non commentare la sentenza provvisoria della Corte. Questi non dovranno fare alcuna dichiarazione pubblica, fino a nuovo ordine. Attualmente non è stato emanato alcun ordine a Israele di sospendere le sue operazioni militari all’interno della Striscia di Gaza, ma è chiaro che c’è la possibilità concreta che questo possa avvenire presto. Intanto, disobbedendo a Netanyahu, il ministro del Negev, Yytzhak Wasserlauf e il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, hanno condannato pubblicamente la decisione della Corte. I membri del gabinetto di guerra israeliano hanno giudicato la corte “antisemita”, accusandola di cercare la “persecuzione del popolo ebraico”.
Ma alla fine è arrivato anche un commento da parte del primo ministro Netanyahu. Durante un discorso televisivo, il premier ha bollato le accuse di genocidio come “una vergogna che non sarà cancellata“. Netanyahu ha infatti respinto le accuse, dicendo che gli aiuti umanitari continueranno ad essere facilitati da Israele e che farà in modo che “i civili siano lontani dal pericolo”. Il numero uno di Tel Aviv sembra infatti più che convinto nel voler continuare la guerra e ha rilanciato dicendo che l’invasione andrà avanti “fino alla vittoria completa”.