Continuano ad esserci morti per il conflitto tra Palestina e Israele: in Cisgiordania muoiono quattro giovanissimi fratelli.
La tragica notte del 14 gennaio ha portato lutto e dolore a Jenin, in Cisgiordania. Un attacco dell’esercito israeliano ha causato la morte di sette palestinesi. Tra loro quattro fratelli: Rami (22 anni), Ahamed (24), Hazaa (27) e il maggiore Alaa di 29 anni. La madre dei giovani, Ibtesam Darwish, era in lacrime mentre affrontava la perdita dei suoi figli. I ragazzi erano accusati di essere terroristi, ma secondo testimoni locali, erano disarmati al momento dell’attacco.
L’esercito israeliano ha sostenuto che l’attacco mirava a “uomini armati palestinesi” che avrebbero lanciato esplosivi contro le truppe. Tuttavia, testimoni oculari sul luogo dell’incidente hanno contraddetto questa affermazione. Hanno affermato che i giovani erano disarmati e stavano cercando di scaldarsi accanto a un fuoco quando è avvenuta l’esplosione. Le fonti locali hanno aggiunto che le forze israeliane si stavano ritirando dopo scontri violenti con la Brigata Jenin. Una notte di scontri ha portato alla morte anche di una giovane poliziotta israeliana, il sergente Shay Germay, di soli 19 anni. Ibtesam Darwish ha raccontato che i suoi figli volevano solo assistere al raid militare israeliano nel campo profughi di Jenin, senza partecipare attivamente. La notizia della loro morte è giunta alla madre attraverso i social media.
Strazio e funerali
I funerali dei quattro fratelli sono stati immediati. Hanno partecipato numerosi residenti di Jenin e Qabatiya, tranne il padre dei ragazzi, che lavora in Giordania. In conformità con le pratiche islamiche, i funerali sono generalmente celebrati entro 24 ore dalla morte. Ibtesam ha sottolineato come la morte sia diventata parte della vita quotidiana nella Cisgiordania occupata. Ha dichiarato che nonostante la tragedia, le restano tre figli e la volontà di continuare a resistere.
I corpi dei quattro giovani sono stati avvolti nella bandiera verde di Hamas, e la kefiah palestinese è stata posta sulla loro testa, simboli che li hanno presto trasformati in “martiri”. In segno di commemorazione, sono stati sparati numerosi colpi di artiglieria da militanti delle diverse brigate del campo profughi di Jenin, riconoscibili dai colori delle bandiere: bianco per la Brigata Jenin, verde per Hamas e giallo per Fatah, il partito guida dell’Autorità Palestinese.
La madre, Ibtesam Darwish, può considerarsi fortunata nel poter salutare un’ultima volta i suoi figli, poiché molte famiglie palestinesi non possono ottenere i corpi dei loro cari ritenuti autori di attacchi terroristici. Questa pratica di trattenere i resti, avviata dal governo israeliano e autorizzata dalla Corte Suprema nel 2019, è stata considerata una forma di “punizione collettiva” da parte di rappresentanti di B’Tselem. Si afferma che questa pratica miri a scoraggiare i militanti, ma in realtà priva le famiglie palestinesi del diritto di seppellire i propri cari e di svolgere riti funebri necessari per elaborare il lutto