Abbas Gallyamov non crede per niente che lo zar voglia la pace in Ucraina. Ne parla solo per migliorare la propria immagine, ma vuole vincere
Gallyamov ha lavorato per Vladimir Putin tra il 2008 e il 2010, quando era primo ministro. Ha scritto per lui i discorsi ufficiali, da speechwriter, poi è caduto in disgrazia per le sue opinioni sull’Ucraina ed è stato inserito in una lista nera dal ministero degli interni, come agente straniero. Da allora non ha più vissuto in patria. E’ originario della Baschiria, una repubblica della Federazione, nella zona degli Urali meridionali, per la quale ha svolto importanti incarichi, e nella quale c’è stata una rivolta di piazza contro Putin. Viene spesso intervistato dai media occidentali come un esperto consulente.
Attualmente, Gallyamov sostiene ancora la causa ucraina, dimostrando comunque di saper distinguere fra la tattica e la strategia del presidente russo. Il quale si trova alle prese con un concundrum, parola inglese che indica un dilemma insolubile, che può indurre alla paralisi, come nel caso dell’asino di Buridano, che non sapendo decidere quale cibo mangiare morì di fame. L’enigma di Putin è ancora più complesso. Non può permettersi di non vincere la guerra in Ucraina, ma nemmeno la può proseguire all’infinito.
Il dilemma che costringe Putin a un pericoloso azzardo
Anche il cosiddetto zar, pur dopo i successi degli ultimi mesi, rischia l’impopolarità. L’aggressione all’Ucraina costa molte perdite umane, sofferenze e sacrifici cui la popolazione russa desidera porre fine in tempi ragionevolmente rapidi. Il successo elettorale per Russia Unita e il suo leader è scontato, ma potrebbe non bastare. E’ stato in grado, lo zar, di reggere un forte potere centrale sull’equilibrio tra i mondi che orbitano nella Federazione Russa attorno al Cremlino. La questione più urgente è però diversa.
L’ex speechwriter si concentra sull’abilità tattica di Putin, che da bravo judoka, più che da raffinato stratega quale forse non è, ha fatto una finta. Una rischiosa finta. Ha accusato gli ucraini di imbecillità per non aver accettato la proposta di pace, che avrebbe comportato certo un sacrificio territoriale. La speranza del presidente russo è che l’Occidente ceda per stanchezza e non mandi più armi a Kiev. La prevalenza di Donald Trump lo aiuta, il logoramento di diversi Paesi europei, affaticati dalle spese belliche, lavora a favore del Cremlino.
Torna lo spettro di un grave indebolimento di Mosca
Putin ha bisogno di un successo elettorale schiacciante, che non lasci dubbi sulla sua leadership. Nella Federazione ci sono molte tensioni sommerse, realtà etniche e poteri locali. Se si scoprissero dei brogli per far figurare un consenso largamente dominante, potrebbe scoppiare una rivolta, ipotizza Gallyamov. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno tutto l’interesse a non far esplodere la Russia fino al caos, ma nemmeno gradiscono che Mosca rappresenti un potere preoccupante per l’Europa. Le opportunità per l’Ucraina dunque esistono ancora, per quanto risicate e limitate. Putin si propone come statista in grado di frenare e porre fine alla disumanità di una guerra interminabile.
Dunque, se l’Occidente percepisce la volontà di pace di Mosca e al contrario il desiderio di guerra di Kiev, potrebbe scoprire l’opportunità di terminare l’incubo ucraino, dopo due anni di supplizio. E Putin vincerebbe. E’ esattamente quel che vuole, sostiene Gallyamov. Secondo il quale lo zar sta usando un espediente tattico tipico della dottrina comunicativa delle spie. Una finta, appunto, un inganno (maskirovka, come dicono le spie russe).
Guerriglia contro il Cremlino a Ufa in Baschiria
Il motivo della recente intervista all’ex collaboratore dello zar è la rivolta scoppiata nella sua terra, la Baschiria. La manifestazione contro il potere centrale di Mosca, accusata di accaparrarsi le eccezionali risorse naturali del territorio, si è conclusa con arresti e feriti. In piazza, nella capitale Ufa, sono andate forse più di duemila persone. Hanno sostenuto Fail Alsynov, condannato a quattro anni di prigione per incitamento all’odio etnico. In realtà, affermano i manifestanti, apostrofati come “traditori” dal governatore Radiy Khadirov, Alsynov è un pacifista.
La notizia degli scontri di piazza è uscita sulla testata indipendente Meduza, rilanciata poi su alcuni canali Telegram. La polizia ha usato lacrimogeni e ha sparato delle granate. L’accusa, da parte del Comitato Investigativo Russo, è di rivolta di massa, oltre alla violenza usata contro un pubblico funzionario. Sarebbero quindi dei secessionisti baschiri. Lo stesso Alsynov si è sempre battuto per la lingua e la cultura baschira. La protesta di Ufa è stata un caso molto raro, da quando la Federazione ha aggredito l’Ucraina.