Conosci già maschere carnevalesche come il Dottor Balanzone o Capitan Spaventa? E sapresti dire di quali regioni italiane sono tipiche? Conosciamole insieme
A questo punto dell’anno, benché sia appena iniziato, ci siamo già scordati ampiamente dei festeggiamenti del Capodanno e di quelli della Befana, dunque è arrivato il momenti di prepararsi alla prossima grande festa, quella che dona colore ad un mese altrimenti grigio e freddo come febbraio: il Carnevale.
Il Carnevale è una delle festività più amate dai bambini. Ma anche per gli adulti, indossare per qualche giorno (o ora!) il costume di un supereroe, una streghetta, un maghetto o il protagonista di un qualsiasi cartoon è un modo per evadere dalla realtà, divertirsi e passare dei momenti spensierati.
Come se la vita fosse completamente diversa e il nostro ruolo in essa fosse fantastico.
Non solo, il Carnevale è un momento molto tradizionale e iconico per la nostra penisola. Al livello della festività di Halloween per gli Americani.
In origine i personaggi che animavano il Carnevale in Italia erano di meno e ogni regione aveva la sua maschera tipica (talvolta anche più di una).
Scopriamole insieme!
Ecco, quindi, quali sono le maschere tradizionali, regione per regione.
Cominciamo dalle nostre bellissime isole. Le Mamuthones sono le maschere tradizionali sarde. Di solito si muovono in gruppi di dodici e sono interamente vestiti di nero (compresa la maschera!) ma indossano un copricapo marrone e sulle spalle hanno dei campanacci. Si tratta di personaggi legati a un folklore arcaico e molto suggestivo.
La tipica maschera della Sicilia è Peppe Nappa: pigro, beffardo, amante della buona cucina e del vino. Il suo costume assomiglia a un ampio pigiamone azzurro, arricchito da un grosso cappello. La tradizione del carnevale di Sciacca, vuole che il carro dedicato a Peppe Nappa sia il più grande e venga bruciato alla fine della sfilata.
È una maschera della commedia dell’arte e la sua peculiarità è quella di essere un uomo di tante parole (e pochi fatti!) che dice talmente tante bugie da iniziare a crederci. Un menzognero!
Il costume di Giangurgolo ricorda quello dei gendarmi spagnoli – a righe rosse e gialle e con il colletto bianco – arricchito da un cappello a cono e un naso rosso. Pare che infatti che questo personaggio si prendesse gioco anche degli iberici.
Le maschere emiliano-romagnole sono decisamente tante, ma la più famosa è quella di Bologna: il Dottor Balanzone.
Si tratta di un personaggio presuntuoso e superbo, un dottore in legge (il suo nome deriva da bilancia, che è proprio il simbolo della giustizia).
Il costume assomiglia a quello dei professori dell’Università di Bologna: toga nera, colletto e polsini bianchi, cappello, giacca e mantello bianchi e in aggiunta una piccola maschera nera.
I Pust sono maschere tipiche diffuse in tutta la regione. Si vestono con una camicia, un pantalone e una giacca di fustagno, un foulard e un cappello di vimini. Ma, soprattutto, anche loro sono dei gran giocherelloni.
Le maschere tradizionali lucane sono i ‘rumit (ossia gli eremiti). Il travestimento è legato alla cultura rurale e infatti, ancora oggi, in alcune zone della regione, ci si maschera seguendo l’antico travestimento che consiste in larghi camicioni ricoperti da foglie verdi.
La maschera tipica della Campania è una delle più conosciute in assoluto, se non al primo posto sul podio: Pulcinella. Rappresenta l’antieroe per eccellenza, un po’ fannullone e sempre allegro e scanzonato. Il suo travestimento prevede un completo bianco con cappello ricurvo e una maschera nera.
Perugino di origine, Bartoccio era un colone vestito con gilet porpora sotto una giacca verde, calzoni di velluto (neri o marroni) e scarpe eleganti.
Molto intelligente e furbo, la sua caratteristica è quella di esporre a tutti le “bartocciate” cioè delle piccole lamentele di carattere sociale che lo rendevano il portavoce del popolo. Immancabile per il suo costume è un bastone da tenere in mano.
Le Landzette valdostane avevano in origine un solo scopo: ridicolizzare le truppe napoleoniche. I loro costumi, infatti, assomigliano a quelli dei soldati dell’imperatore ma sono “conditi” con maschere floreali che servivano a prendere in giro quei soldati che avevano disseminato terrore nelle loro terre.
Colombina è la maschera veneziana della commedia dell’arte. Si tratta di una cameriera furba e graziosa che si impiccia degli affari amorosi della sua padrona (Rosaura) e tenta di schivare le attenzioni di Pantalone (padre di Rosaura).
Arlecchino è innamorato di lei e per questa ragione molto geloso. Il costume di Colombina, tipicamente veneziano, prevede un abito dal corpetto rosso e la gonna azzurra, coperto da un grembiule.
La tradizione lombarda è piena di maschere tipiche, ma la più famosa è di certo Arlecchino che – assieme al napoletano Pulcinella – rappresenta per eccellenza il carnevale italiano.
Viene descritto come un servitore, romantico ma anche molto arguto. La famiglia di provenienza di Arlecchino era molto povera e la tradizione vuole che il suo costume a coste colorate fu cucito da sua madre con le rimanenze di tante stoffe che gli furono regalate.
La maschera tipica del Trentino-Alto Adige è Basa-Done che, secondo la tradizione, era un folletto che veniva utilizzato anticamente come spauracchio per le ragazze che tardavano a rientrare a casa. Il suo costume prevede, quindi, una calzamaglia a righe, una lunga giacca e un cappello.
Ma ecco il nome più bello del carnevale italiano: Capitan Spaventa, la maschera tipica ligure che deriva dalla commedia dell’arte. Si tratta di un soldato buono e sognatore e il suo costume è quello dei militari medievali, con tanto di spada.
Quindi nella lista birichina c’è anche qualcuno di leale!
La maschera tradizionale del Lazio è l’ormai celeberrimo Rugantino, divenuto un vero e proprio simbolo di romanità (nonché protagonista di un’opera teatrale famosissima e omonima). Il suo nome deriva da “ruganza” e cioè arroganza, il tratto tipico del suo carattere.
Il personaggio di Trastevere vestiva originariamente con un costume che faceva il verso a quello dei gendarmi, quindi con camicia e doppiopetto.
Passiamo ad un altro buono. Gianduia vive a Torino ed è lui la maschera della tradizione regionale piemontese. Viene descritto come un uomo di buona famiglia, godereccio, ma anche di buon cuore. Il suo costume prevede un completo marrone con il panciotto giallo, un ampio cappello a falda larga e degli alti stivali.
La maschera tipica pugliese è Farinella, che deve il suo nome a una pietanza tradizionale di Putignano. In questa cittadina, in effetti, proprio per il legame con la maschera, si festeggia il Carnevale con grandi eventi di piazza. Le sembianze di Farinella sono quelle di un Jolly.
Come tante altre maschere regionali, anche Stenterello, legato alla tradizione toscana, proviene dalla commedia dell’arte. Ha un carattere impulsivo che lo spinge a schierarsi sempre a favore dei più deboli nonostante sia un fifone ma anche a riuscire a superare al meglio ogni difficoltà. Il suo costume prevede pantaloni neri, panciotto giallo, giacca azzurra e i calzini spaiati.
Anche nelle Marche esistono diverse maschere tipiche, la più caratteristica è quella del Vulon. Un personaggio vanitoso che deve il suo nome alla formula degli editti napoleonici che iniziavano con le parole Nous Voulons (“noi vogliamo”, in francese).
Concludiamo con un bel trio birichino. Non esiste una vera e propria maschera molisana, ma nel Carnevale di questa terra spuntano i tre folletti (che secondo una parte della tradizione sono invece tre monaci) che tenevano per le corna il diavolo in una antica leggenda del luogo.
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