Hamas conosce bene il tallone d’Achille di Benjamin Netanyahu: il leader israeliano si sta dimenticando dei suoi stessi ostaggi.
Lo sguardo apparentemente impassibile dei tre ostaggi che, nelle ultime ore, hanno rivolto un accorato appello al loro leader: “Riportaci a casa, finché siamo ancora vivi”. Uno sfondo bianco si presenta dietro di loro, il silenzio avvolge le loro dichiarazioni ed accompagna la velata accusa alle amministrazioni governative israeliane. Yossi Sharabi, Itay Svirsky e Noa Argamani non denunciano l’efferatezza di Hamas, bensì gli attacchi deliberati delle Forze di difesa israeliane (Idf). I bombardamenti colpiscono indistintamente soldati e civili, nemici ed alleati, uomini, donne e i loro bambini. “Sono morti a causa dei nostri stessi attacchi aerei” – la conferma di Noa che, tramite un video diffuso dall’organizzazione terroristica, annuncia la morte di Sharabi e Svirky.
Yossy, Itay e Noa si trovavano in un edificio, la cui collocazione è ignota, insieme ai soldati di Al-Qassam, quando l’allarme bomba ha riecheggiato per i corridoi della struttura. I tre ostaggi, così come i miliziani, non hanno avuto il tempo di evacuare e dunque sono rimasti imprigionati sotto le macerie. Argamani racconta di essere stata soccorsa proprio da alcuni dei suoi stessi nemici, di essere stata curata – per quanto possibile – e di essere stata trasferita in un’altra base operativa. Yossy non è sopravvissuto, mentre Itay – inizialmente – benché ferito gravemente, è riuscito a scampare alla morte. Tuttavia, “durante il trasporto, Itay è stato colpito da un attacco aereo dell’Idf” – sottolinea Noa – “non è sopravvissuto”.
Gli ostaggi, il tallone d’Achille di Bibi
“Hamas esercita una tortura psicologica sulle famiglie degli ostaggi” – si giustifica il Ministro della Difesa Yoav Gallant – “L’esercito è in contatto costante con le famiglie e inoltra loro informazioni verificate”. Peccato che, ad onor del vero, il triste video dei tre ostaggi abbia raggiunto i cittadini israeliani grazie alla condivisione su Telegram: lo Stato ebraico non ha acconsentito alla sua diffusione. Per quanto le parole di Noa Argamani possano essere percepite come un monologo espresso sotto minaccia, si tratta comunque di dichiarazioni oggettivamente verosimili.
La strategia militare delle Idf si è rivelata fallimentare, in quanto – oltre a massacrare 2 milioni di civili – non ha certo implicato il contrasto dei terroristi di Hamas. L’organizzazione è divenuta più forte, poiché tramutata in martire e garante della libertà. I palestinesi che inizialmente potevano dissociarsi dalle efferate azioni dei miliziani, ora si trovano a combattere al loro fianco, spinti dall’odio nei confronti di coloro che stanno annientando il loro popolo. La possibilità che, durante le operazioni militari delle forze armate, gli stessi ostaggi rimangano coinvolti, non rappresenta certo un fulmine a ciel sereno, bensì una conseguenza che Bibi ha messo in conto ed ha accettato con agghiacciante indifferenza.