Tik Tok: il nuovo trend dei deinfluencer

In un mondo mediatico in cui la parola influencer comincia ad assumere una connotazione negativa, subentrano i deinfluencer

Il fenomeno degli influencer si basa su un valore importantissimo e spesso sottovalutato: la fiducia.

“Perché mai dovrei acquistare un prodotto che mi ha consigliato una perfetta sconosciuta sui social?” la risposta a questa domanda è una sola: “Perché mi fido”. Ci sono dei meccanismi mentali per cui noi tendiamo ad immedesimarci negli altri, una sorta di effetto specchio: più percepiamo l’influencer come una persona simile a noi, o alla persona che vorremmo essere, più faremo di tutto per lui/lei, anche comprare prodotti costosi che, di base, non potremmo permetterci.

Questo rapporto di fiducia e di emulazione, però, sta venendo meno in seguito ad eventi che hanno messo in discussione la credibilità di influencer molto conosciuti. Il caso più eclatante è quello di Chiara Ferragni e del pandoro non tanto benefico, ma in realtà è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Pare, infatti, che il guadagno abbia dato alla testa a molti influencer, che hanno cominciato a promuovere prodotti scadenti, perdendo di credibilità agli occhi dei loro seguaci.

In questo orizzonte di incertezza e mancanza di fiducia, i deinfluencer stanno cavalcando l’onda, anche se non è ancora chiaro se lo stiano facendo solo per farsi pubblicità o perché credano davvero nella loro missione di “pubblicità etica”.

Scopriamo chi sono e cosa stanno facendo, soprattutto su Tik Tok.

Chi sono i deinfluencer?

ragazza creator digitale davanti a pc e smartphone
I deinfluencer dicono davvero la verità? – Unsplash – rationalinternational.net

 

Per deinfluencer si intende un influencer che suggerisce di non acquistare determinati prodotti perché ingannevoli. Spesso a questo suggerimento di non acquistare articoli, si aggiungono delle proposte alternative sostenibili ed eticamente più valide.

L’obiettivo di questi creators apparentemente è quello di aiutare i follower ad allenare un proprio senso critico e acquisire consapevolezza sul fatto che, gran parte di ciò che viene suggerito dagli influencer, è una bufala finalizzata a farci spendere soldi che poi loro guadagnano per via indiretta.

Insomma, si tratta di una voce alternativa che incoraggia la trasparenza, in un mondo digitale che è sempre più opaco.

Il consumo eccessivo e la fiducia cieca sembrano essere arrivate agli sgoccioli; infatti, l’hashtag #deinfluencing ha raggiunto la cifra di 1.2 miliardi di contenuti su Tik Tok.

Una scelta etica o di marketing?

Speak the truth: dire la verità
L’importanza di dire la verità sui social – Unsplash – rationalinternational.net

 

Si tratta, all’apparenza, di una missione più che onorevole. Infatti, c’è chi pensa che fosse proprio il momento di una ventata di onestà e trasparenza nel mondo di finzione e basato sul guadagno dei social network. Non si può certo negare che la situazione stesse sfuggendo di mano a livello di acquisti pazzi e consigli ambigui da parte degli influencer… eppure, proprio perché il pensiero critico è da incentivare, non possiamo fare a meno di chiederci se alla fine anche i deinfluencer stiano cavalcando quest’onda per un tornaconto personale.

Lo stanno facendo perché ci credono o perché vogliono aumentare i propri followers? I prodotti “etici” che ci consigliano sono frutto di un loro suggerimento reale o vengono pagati per proporceli? Non possiamo saperlo con certezza. Ma il punto è un altro.

Le partnership non sono da abolire, anche perché ormai sono ampiamente utilizzate come strategie di marketing dalle grandi aziende e funzionano molto bene. Quello che i creator dovrebbero fare, però, è filtrare al meglio le collaborazioni e accettare con criterio solo quelle aziende che propongono prodotti in linea con dei valori etici e sostenibili. Solo così si potrebbe ricavare del buono da questo consumo di massa, e solo così potrebbero ristabilire un rapporto basato sulla fiducia con i propri followers.

Ma se in realtà i deinfluencer ci stessero dicendo di non comprare qualcosa solo per farcela comprare? Detta così potrebbe non avere senso, lo sappiamo. Ma stiamo per spiegare una strategia di marketing che potrebbe aiutarti a capire meglio questa frase, ovvero la tecnica del Reverse Marketing.

Il Reverse Marketing e la sua risonanza sui social media

Il Reverse Marketing si basa su un concetto opposto alle strategie di marketing tradizionali, e consiste nel parlare in modo polemico di un prodotto solo per farlo comprare. Attenzione: in questo caso, di solito, l’aspetto ironico e volutamente polemico sono piuttosto evidenti.

Ad esempio, Clio make-up per pubblicizzare i prodotti della sua linea di cosmetici ne ha parlato male in un video su Tik Tok, spiegando perchè si sarebbe pentita di averli realizzati. Si tratta di un video ironico, in quanto sappiamo perfettamente che non sta parlando sul serio, e ci diverte proprio il fatto che la stessa creatrice di un rossetto ci dica che in realtà è terribile.

In sostanza: il Reverse Marketing gioca sull’ironia. Gli spettatori del video sono incuriositi dal fatto che venga denigrato un prodotto all’apparenza molto valido e solo nel mentre capiscono che nel video si sta dicendo tutto il contrario di tutto, che il prodotto in realtà è buono e che la vena polemica è finta.

La reattanza psicologica

Questa strategia invoglia le persone ad avvicinarsi in modo spontaneo al brand, senza essere condizionati da filippiche su quanto un prodotto sia stupefacente. Questa tecnica fa leva sulla reattanza psicologica, ovvero un meccanismo della nostra mente che permette di convincere gli altri in modo indiretto a fare qualcosa che vogliamo.

Le persone sono spinte a fare esattamente ciò che viene loro vietato: gli adolescenti tornano a casa tardi proprio perché i genitori non vogliono, le persone amano il brivido di rompere le regole e fare esattamente ciò che viene vietato o sconsigliato loro. Ecco, quindi, che parlandoti male di qualcosa, per reattanza, sto aumentando le probabilità che in realtà tu quell’articolo possa comprarlo.

“Non comprare questa giacca” è lo slogan della famosa inserzione pubblicitaria di Patagonia uscita sul New York Times nel 2011, e ha fatto aumentare le vendite della giacca protagonista della pubblicità del 30%. Come è successo? Solo perché Patagonia diceva di fare l’opposto.

Può sembrare un controsenso certo, ma noi esseri umani siamo molto contraddittori.

Le reali motivazioni dietro ai deinfluencer

In conclusione, i deinfluencer potrebbero essere spinti da tre motivazioni diverse. Infatti, il loro intento potrebbe essere quello di:

  • Consigliarci davvero di essere critici e fare solo acquisti consapevoli.
  • Spingerci a comprare i prodotti che in realtà ci consigliano loro come alternative.
  • Sfruttare il Reverse Marketing e indurci a comprare gli stessi articoli di cui parlano male.

In ogni caso, qualsiasi sia il loro movente, stanno rivoluzionando il mondo dei social, trasformando i follower da un branco di pesci pronto ad abboccare alle esche degli influencer, a esseri umani pensanti in grado di mettere in dubbio la veridicità dei centinaia di contenuti che vedono ogni giorno comparire nelle loro home page.

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