Trump è in calo nei sondaggi ma conserva un ampio vantaggio su Nikki Haley. E in Iowa si vota sotto una bufera di neve, con 34 gradi sotto 0.
All’ultimo momento Donald Trump è riuscito ad arrivare a Des Moines, capitale dello Iowa, in un viaggio ostacolato da una pericolosa bufera di neve. Il vento soffia a 90 chilometri all’ora, il termometro precipita, tuttavia i volontari della campagna elettorale sono al lavoro nell’hotel Fort, dove l’ex presidente li raggiunge per ringraziarli. Annuncia una straordinaria vittoria e dichiara alla stampa di non temere Nikki Haley, che ha ridotto lo scarto nell’ultimo sondaggio. Trump dal 50% è sceso al 48, l’ex governatrice dal 16% è salita al 20.
Il voto verrà filtrato dai caucus, parola di origine indiana, ovvero dalle assemblee serali degli elettori, che si ritroveranno in scuole, palestre, chiese, per prendere la parola e promuovere l’uno o l’altro candidato. Al termine del dibattito, saranno scelti i delegati da mandare alle riunioni dello Stato. E lì saranno selezionati i delegati per le convention repubblicana o democratica. Una formula che ha il fascino di una tradizione storica, in grado di offrire partecipazione di persona e possibilità di un ricco dibattito che si conclude votando per alzata di mano. Con un coinvolgimento territoriale ed emotivo che supera ampiamente l’asettico voto segreto nel chiuso di una cabina.
Quest’anno in particolare i repubblicani inaugurano le presidenziali da soli, poiché i democratici hanno scelto di avviare le loro primarie in Stati con popolazione più eterogenea, vista la larga predominanza dei bianchi nello Iowa e nel New Hampshire. E voteranno per posta; dopo il caos del 2020, è questa l’indicazione dello stesso presidente uscente. Addirittura, l’esito del voto dello Iowa si saprà soltanto in marzo.
I primi pronunciamenti degli elettori democratici saranno quindi quelli della South Carolina il 3 febbraio, con ampia presenza di afroamericani, e il Nevada il 6 febbraio. In seno ai democratici c’è chi spera in un ritiro della candidatura di Joe Biden all’ultimo momento, in modo da poter presentare un candidato, uomo o donna, più giovane e più in salute. C’è però un grave problema che ha nome Kamala Harrys: la vicepresidente è la più impopolare di sempre nel suo ruolo. E mancano per ora candidati democratici alternativi.
Nei sondaggi sulla vicepresidente il 49% è contro di lei e il 32% a favore, malgrado una carriera brillante e innovativa come procuratore distrettuale della California. Ha difeso i diritti delle diversità sessuali, l’ambiente, le minoranze, le donne e il diritto all’aborto. Figura come estremista di sinistra e quindi viene molto contestata: i democratici tentano infatti di rilanciare la sua immagine. Non potrà però reggere una sfida per la presidenza, negli Stati Uniti contemporanei. La sua pelle scura e le sue origini orientali, indiane, non la aiutano affatto nel clima nazionalista di questi tempi. E dire che il partito contava su di lei per la successione a Biden.
Da parte propria, il partito repubblicano sarebbe lieto di sbarazzarsi di Trump, troppo imprevedibile, aggressivo e spesso ostile alle istituzioni che dovrebbe rappresentare e difendere. Gli elettori repubblicani però lo preferiscono di gran lunga, anche perché è un candidato che impone una chiara scelta di campo. Chi lo sostiene, ha una visione dell’America del futuro, intuitivamente contrapposta a quella ispirata dall’immagine di Biden. Un’America senza migranti e che torni di nuovo grande senza far scoppiare nuove guerre sanguinose e costose. La propaganda di Trump dichiara che se Biden sarà rieletto ci sarà la terza guerra mondiale.
Il fatto è che anche i democratici vogliono Trump come avversario, perché l’unico che Biden può realmente battere, nel testa a testa che i sondaggi prevedono. I due avversari del 2020 sono legati fra loro, sino ad attrarsi escludendo gli altri possibili candidati. Per ora in Iowa vince il maltempo. Il forte vento fa scendere la temperatura fino a meno 40 gradi sotto lo 0. Con il rischio che una parte degli elettori non partecipi ai caucus (assemblee) che si terranno di sera.
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