Israele si difende e giustifica l’intensità delle operazioni militari, sottolineando l’efferatezza dei terroristi di Hamas.
“Sono oltre 12mila i razzi lanciati da Hamas verso Israele” – spiega il colonnello Nir Weingold, capo del Dipartimento di Sviluppo, Economia e IT e del Dipartimento di Ricerca e Sviluppo della Difesa (DDR&) – “il numero di civili israeliani morti sarebbe di gran lunga più alto di quello dei palestinesi”. In merito alla sproporzionalità del conflitto, imputata allo Stato ebraico dalle principali potenze mondiali, il colonnello spiega che l’unico motivo per cui le vittime di Gaza sono superiori a quelle israeliane risiede nel sistema di sicurezza Iron Dome. Il complesso antimissilistico ha, di fatto, neutralizzato centinaia di migliaia di ordigni a lungo raggio inviati dal nemico islamico.
Si tratta di un progetto realizzato e ideato dal Dr. Daniel Gold, il quale – mosso dal numero sempre crescente di nemici dello Stato ebraico – negli anni 2000 decise di studiare un impianto che potesse proteggere i confini nord da Hezbollah e sud da Hamas e dai ribelli Houthi, stabiliti nello Yemen. Vicini di casa particolarmente reattivi dunque, che da decenni professano intenzioni non certo pacifiche nei confronti del convivente israeliano. In particolare, contro i rivali yemeniti, il DDR&R ha studiato un ulteriore sistema antimissilistico – battezzato Arrow 3 – divenuto operativo nel 2017 e volto alla salvaguardia dei cittadini resistenti nella città di Eilat. Proprio qui, i sopravvissuti all’attentato del 7 ottobre hanno trovato rifugio e assistenza.
Israele investe sui sistemi difensivi
“La prova a cui ci ha sottoposti il gruppo terrorista yemenita ci ha confermato che questo sistema è estremamente efficace” – ribadisce il colonnello Weingold – “Ha salvato, sta salvando, le vite dei nostri cittadini del sud del Paese”. La posizione israeliana dunque è sempre la medesima: ribadisce l’efferatezza dei terroristi di Hamas, spiegando – per giunta – che la sproporzionalità associata al bilancio delle vittime non nasce dall’eccessiva intensità delle operazioni militari, bensì da un più efficace sistema difensivo israeliano – il quale, per loro fortuna, si scontra con gli strumenti rudimentali dei miliziani palestinesi.
“Ridurre al minimo il contrattacco nei confronti dell’aggressore” – in questo risiederebbe, secondo il capo del DDR&D, lo scopo dell’investimento sulle nuove tecnologie militari difensive – “Poiché le Forze armate israeliane cercano sempre, in tutti i modi possibili, di minimizzare i danni collaterali”. Accortezza sicuramente onorevole, se non fosse che di Gaza sono rimaste solo le macerie. Per concludere, il colonnello ha poi esposto nuovamente sul tavolo la carta dell’incidente scatenante, sottolineando che la reazione di Israele rappresenti semplicemente una risposta all’attentato del 7 ottobre. “[Una guerra] Che non abbiamo scelto di condurre e che ci è stata dichiarata, nel modo più brutale” – ha quindi sentenziato.