Il magante dell’informazione è accusato di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino dopo le proteste del 2019. Al 76enne, in prigione dal 2020, vengono contestati i reati di associazione a delinquere, “collusione con forze straniere” e pubblicazione di materiale sedizioso
Il magnate dell’informazione di Hong Kong e attivista pro-democrazia Jimmy Lai si è dichiarato ‘‘non colpevole” rispetto a tutte le accuse mosse nei suoi confronti nel processo che è ripreso ieri presso la Corte di West Kowloon. Il fondatore dell’Apple Daily, in carcere dal 2020, rischia l’ergastolo, la pena massima, se verrà riconosciuto colpevole di aver violato le leggi sulla sicurezza nazionale imposte da Pechino nel giugno del 2020 dopo le proteste di massa pro democrazia che nel 2019 hanno invaso le strade della città Stato. Il 76enne è accusato di associazione a delinquere, “collusione con forze straniere” e pubblicazione di materiale sedizioso.
Al leader dell’opposizione, critico del Partito comunista cinese, viene contestato in particolare di aver utilizzato il proprio giornale come una “piattaforma” per condurre una campagna a favore dell’applicazione di sanzioni internazionali contro la Cina, in particolare da parte degli Stati Uniti. Si tratta del processo più importante contro i media da quando l’ex colonia è tornata sotto il controllo di Pechino nel 1997. L’Apple Daily ha cessato le attività nel luglio del 2021 con il congelamento dei beni da parte delle autorità e l’arresto di alcuni manager della società editrice.
La battaglia di Sebastian Lai per il rilascio del padre
Il figlio di Lai, Sebastian, è in prima linea per chiedere il rilascio del padre che non vede da tre anni. “La sua unica colpa è quella di aver chiesto per Hong Kong libertà e i diritti”, ha detto intervistato dal Times di Londra.
Il 29enne è promotore di una campagna internazionale, #FreeJimmyLai, per la liberazione dell’attivista. “Hong Kong, un tempo considerata un baluardo della libertà dei media in Asia, si è classificata al 140esimo posto su 180 Paesi e territori nell’ultimo Indice mondiale della libertà di stampa” di Reporters sans frontières”, ha ricordato su X.
Lo scorso dicembre Sebastian ha incontrato il ministro degli Esteri britannico David Cameron. “Lai è stato preso di mira nel chiaro tentativo di impedire l’esercizio pacifico del diritto di espressione e di associazione. Chiedo alle autorità di Hong Kong di porre fine al procedimento giudiziario e di rilasciare Lai”, ha detto in quell’occasione il capo della diplomazia del Regno Unito. Anche il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Matthew Miller ne ha chiesto la scarcerazione denunciando la repressione della libertà di stampa e della democrazia.
L’accusa: “Mente di un gruppo sovversivo contro il governo”
Il procuratore capo Anthony Chau ha descritto il magnate dei media come “una figura politica radicale che ha cospirato con altri per fomentare l’opposizione al governo di Hong Kong e alle autorità centrali e per colludere con Paesi stranieri al fine di mettere in pericolo la sicurezza nazionale“. Lai è accusato tra le altre cose di aver orchestrato un’associazione a delinquere attraverso il gruppo di attivisti pro democrazia “Stand with Hong Kong Fight for Freedom”, considerato sovversivo.