Benjamin Netanyahu rischia di provocare una pericolosissima escalation. I suoi obiettivi superano i confini della Striscia di Gaza.
La comunità internazionale risponde indignata alle politiche estere di Benjamin Netanyahu, solo a parole. Benché si recrimini al leader israeliano la sproporzionalità reattiva dell’esercito in merito all’attentato del 7 ottobre, nessuno sembra disposto a dissociarsi concretamente interrompendo l’invio di pacchetti miliari del valore di miliardi di dollari. Le sue ambizioni si estendono ben oltre i confini della Striscia di Gaza, in quanto prevedono l’attuazione di un agghiacciante – e pericolosa – “caccia alle streghe”. Bibi sta provocando le organizzazioni sbagliate, tra cui la milizia paramilitare di Hezbollah.
Il gruppo, sostenuto dall’Iran e dichiaratamente a favore della causa palestinese, ha contribuito alla difesa di Hamas attraverso il lancio di droni e missili dai confini libanesi. Lo scontro dunque si era limitato – fino a poche ore fa – ad un tentativo di indebolimento del sistema difensivo israeliano. Tuttavia, quanto accaduto martedì 2 dicembre potrebbe provocare un’escalation disastrosa. Laddove Hezbollah dovesse entrare ufficialmente in guerra, si aprirebbe un ulteriore fronte in Libano e ciò non esclude che, a quel punto, anche l’Iran decida di partecipare attivamente al conflitto. Netanyahu sta giocando con il fuoco e le conseguenze di questa partita insensata ricadranno sull’intoccabile Stato ebraico: il luogo sacro che egli afferma di voler proteggere.
Martedì 2 dicembre un drone israeliano ha colpito un edificio nella periferia sud di Beirut, capitale del Libano. L’intelligence israeliana ha confermato la presenza del numero due di Hamas al suo interno, giustificando in tal modo l’operazione. L’esplosione ha causato la morte di Saleh al-Arouri sì, ma anche di altre cinque persone. Un affronto, questo, che difficilmente Hezbollah perdonerà a Benjamin Netanyahu. “Una grave aggressione contro il Libano” – ha tuonato il Primo Ministro Najib Mikati – “non resterà senza risposta o impunito“. Una sentenza molto simile a quella pronunciata dai Guardiani della Rivoluzione iraniana in seguito alla morte del generale iraniano Reza Muzavi a Damasco.
Su questo è intervenuto anche il capo del Politburo di Hamas, Isma’il Haniyeh: “Un movimento i cui leader e fondatori cadono come martiri – non sarà mai sconfitto” – le sue parole – “E’ la storia della resistenza che – dopo l’assassinio dei suoi leader, diventa ancora più forte e determinata”. In questo risiede l’indicibile errore di Benjamin Netanyahu. Manifestando una così letale efferatezza, associata ad un’evidente ed incontestabile tendenza da guerrafondaio, il leader israeliano è riuscito – paradossalmente – a trasformare un’organizzazione terroristica in una vittima. La sua strategia rischia di trascinare in guerra ulteriori potenze – tra le più reattive, tra l’altro – minando in tal modo la sicurezza internazionale.
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