Le pressioni esercitate dai libanesi indispettiscono il governo israeliano. La minaccia per Hezbollah lanciata dal Ministro dell’Interno Benny Gantz.
Bibi e Benny dichiarano guerra ad Hezbollah, minacciando i suoi esponenti di ricorrere ad un intervento mirato delle forze armate israeliane. Gli alleati libanesi di Hamas rispondono beffardamente alle intimidazioni dei vicini di casa, manifestando a chiare lettere un atteggiamento non curante e indifferente. Le politiche di Netanyahu non stanno certo strette solo ai palestinesi residenti nella Striscia di Gaza, bensì anche ai moti di resistenza locali stabiliti in Cisgiordania, Iran, Yemen – con i ribelli Houthi – e appunto Libano. Nel frattempo il numero delle vittime nella zona rossa è salito a 21.110, cifra diffusa dal Ministero della Sanità locale e presieduto da uno degli esponenti di Hamas, Ashraf al Qudra.
Le tensioni tra israeliani e libanesi non rappresentano certo una novità. Tra il 1979 e il 1983 i servizi segreti israeliani pianificarono una serie di attentati mirati – tramite autobombe – con l’obiettivo di debilitare le organizzazioni associate alla resistenza palestinese e libanese. L’editorialista militare israeliano Ronen Bergman ammise che lo scopo di tali interventi risiedeva nello “spingere l’Organizzazione per la liberazione della Palestina a usare il terrorismo per fornire ad Israele la giustificazione per un’invasione del Libano”. Operazione che, di fatto, si è consumata nel 1982 e che provoca un agghiacciante déjà vu in merito a quanto accaduto dall’attentato del 7 ottobre scorso.
Israele contro tutti
Hamas è indifendibile, così come Israele. Nel frattempo le principali potenze tentano – inutilmente – di convincere i rispettivi leader ad issare bandiera bianca, proposta categoricamente rifiutata da entrambe le coalizioni. Ogni tentativo di mediazione, rivelatosi vano, ha spinto i diplomatici internazionali a studiare una strategia che possa soddisfare le richieste di entrambi. Cisgiordania, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania e Qatar attendono l’ennesima visita del Segretario di Stato americano Anthony Blinken.
L’Egitto vorrebbe proporre una proposta preliminare costruita in tre fasi, la quale dovrebbe produrre un’escalation utile al ridimensionamento delle ostilità. La prima fase prevede una pausa umanitaria di due settimane – termine prorogabile – durante la quale vengano rilasciati 40 ostaggi israeliani in cambio di 120 prigionieri palestinesi. La seconda fase contempla l’apertura di un dialogo nazionale palestinese sotto il patrocinio egiziano e la conseguente formazione di un governo tecnocratico. Infine, la terza ed ultima fase implica il cessate il fuoco totale e la negoziazione di un accordo sulla gestione e tutela dei rispettivi prigionieri. Il testo, almeno per il momento, non ha ricevuto nessun riscontro.