Yahya Sinwar e il suo primo discorso pubblico dall’attentato del 7 ottobre. Egli smentisce i resoconti israeliani sul conflitto.
Nulla può giustificare quanto accaduto il 7 ottobre. Tuttavia, Benjamin Netanyahu sta facendo tutto ciò che serve per oscurarne la disumanità. Un terribile errore che gli è costato tanto la credibilità, quanto il supporto internazionale. L’intensità delle operazioni militari deliberate sul territorio di Gaza hanno prodotto un agghiacciante paradosso: Hamas, con la sua efferatezza, è divenuto vittima di un invasore ancor più crudele. Per quanto Israele conti pochi migliaia di morti – niente contro i 20mila palestinesi – uscirà dal conflitto da perdente.
L’unico modo per contrastare un’organizzazione terroristica, come ha sottolineato il Segretario della Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, risiede nell’attuazione di colpi mirati prodotti dall’intelligence. Una strategia minuziosa e mirata contro i singoli militanti associati ad Hamas. Eppure, sembra che il leader israeliano sia maggiormente affascinato dai moti distruttivi della guerra, i quali implicano la devastazione su larga scala e l’annientamento di un’intera civiltà. Proprio su questo punta Yahya Sinwar: il tallone d’Achille di Benjamin Netanyahu permane nelle sue stesse ideologie.
Sinwar rompe il silenzio
Yahya Sinwar rompe il silenzio, un oblio dentro il quale ha trovato rifugio dall’attentato del 7 ottobre. Una posizione che nasce per rispondere alle rivendicazioni delle forze armate israeliane e dal falso – a detta del leader di Hamas – bilancio delle vittime. I comandi militari rivali hanno denunciato la morte di circa 150 soldati. Un numero modesto rispetto ai terroristi neutralizzati dall’Idf. La cifra è stata però smentita da Sinwar in persona, il quale ha tenuto a sottolineare che “i suoi” avrebbero ucciso più di mille soldati israeliani.
“Una battaglia feroce e senza precedenti” – la definisce, una guerra il cui motore risiede nelle mortificanti “condizioni di occupazione” alle quali la popolazione palestinese è sottoposta e sottomessa. Nonostante le perdite civili sempre più consistenti, il capo dei militanti non sembra intenzionato a chinare il capo. E mentre Netanyahu sostiene di aver la vittoria in pugno, le vittime delle sue infondate convinzioni sviluppano odio e rancore nei confronti dei “vicini di casa”, alimentando il fuoco che ha travolto i 1.400 israeliani, uccisi lo scorso 7 ottobre. Ad onor del vero, le operazioni militari in atto, invece di ridimensionare l’ardore dei terroristi, non fanno altro che dargli nuova vita.