I famigliari degli ostaggi stanno perdendo la pazienza, angosciati dalla – non troppo velata – indifferenza del leader israeliano.
Il corpo di cinque ostaggi israeliani è stato rinvenuto all’interno di una fitta rete di tunnel, costruita sotto il campo profughi di Jabalia. Quanto accaduto, oltre a fornire alle forze armate una giustificazione sui bombardamenti delle strutture fragili, ha allarmato profondamente le famiglie che – dal 7 ottobre scorso – attendono di riabbracciare i propri cari. “Non possiamo salvarli tutti” – aveva detto Bibi durante il consueto monologo concesso al popolo in fermento. Sentenza non gradita agli amici e parenti dei diretti interessati, i quali hanno sottolineato che – almeno in origine – il motore del conflitto risiedeva nella salvaguardia dei concittadini imprigionati nella morsa terroristica.
L’offensiva militare prosegue ininterrottamente. Laddove – in corso d’opera – l’esercito abbia la fortuna di incontrare un ostaggio, ben venga. Nondimeno, se così non fosse, il leader ha messo le mani avanti, sostenendo implicitamente che ogni conflitto presupponga un inevitabile sacrificio. E non sia mai che i soldati semplici, i cui comandi militari hanno ordinato espressamente di neutralizzare qualsiasi essere umano respiri, uccida inavvertitamente un israeliano liberatosi miracolosamente dai militanti di Hamas. Tragedia che, di fatto, è inesorabilmente avvenuta. L’indifferenza mista a rassegnazione di Benjamin Netanyahu indispettisce – giustamente – le famiglie degli ostaggi.
Bibi con le spalle al muro
“Dobbiamo avere pazienza” – le parole di Bibi – “restare uniti e perseverare nello svolgimento della nostra missione”. Quale? Viene da chiedersi. Se egli si riferisca all’occupazione israeliana del territorio di Gaza oppure al rilascio degli ostaggi, questo non è chiaro alle famiglie che – alle dichiarazioni del leader, il quale ha espressamente ammesso di necessitare di più tempo – hanno risposto: “Ora, ora!”. E nonostante la perplessità sottolineata dalla stampa locale, da molti concittadini e da alcune potenze occidentali, il Presidente ha garantito: “Noi non cessiamo di combattere”.
Gli appelli del leader mancano di sostanza, soprattutto se associati alla strage che si sta consumando nel cuore di Gaza. “Siamo di fronte a dei mostri” – ha spiegato – “Mostri che uccidevano bambini davanti ai loro genitori e genitori davanti ai loro figli”. Parole accorate che avrebbero goduto del supporto internazionale, se non fosse che il medesimo destino è toccato ai civili palestinesi. I mostri, di cui Netanyahu denuncia le efferatezze, non sono poi così distanti da coloro che lanciano bombe deliberatamente, uccidendo a tappeto interi nuclei famigliari. Epilogo che – tra l’altro – potrebbe implicare il coinvolgimento degli stessi ostaggi, sparsi nel sottosuolo della Striscia.