La popolazione palestinese muore e, mentre Netanyahu persevera nei suoi obiettivi, gli aiuti umanitari faticano a raggiungere Gaza.
Il Commissario dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, e la vicecoordinatrice per il Processo di pace in Medioriente, Lynn Hastings, hanno raggiunto Abu Dhabi per discutere del conflitto israelopalestinese insieme ad una sostanziosa delegazione internazionale. Tra i presenti: Russia, Cina e Gran Bretagna, ma anche Armenia, Corea del Sud, Brasile, Ecuador, Ghana, Malta, Mozambico e Svizzera. Tra gli assenti invece Stati Uniti e Francia, ai quali la delegazione degli Emirati Arabi Uniti ha lanciato un accorato appello: il cessate il fuoco immediato sul territorio della Striscia di Gaza.
“Ormai è chiaro che, quella in atto, è un’inaccettabile pulizia etnica” – le parole dell’ambasciatore russo Nebenzja, sentenza alla quale hanno seguito le forti affermazioni del cinese Zhang Jun: “Quando è troppo, è troppo”. Il passo più lungo della gamba, quello di Benjamin Netanyahu, il quale persevera nella convinzione di godere di piena legittimità di occupazione del territorio palestinese. Una teoria, questa, che si fonda sulla solita retorica associata alla difesa della popolazione israeliana dai suoi nemici. Peccato che, in questa guerra, le uniche vittime delle operazioni militari in atto siano i civili. Pochi miliziani neutralizzati, a confronto delle morti di uomini, donne e bambini estranei ai crimini commessi il 7 ottobre scorso.
Troppe vittime a Gaza
Un tasto dolente scuote in particolare le potenze internazionali e si riferisce alla difficoltà con la quale gli aiuti e i rifornimenti umanitari faticano a superare i confini di Gaza. La popolazione palestinese è ammassata a Rafah, impossibilitata ad oltrepassare il confine e sfuggire così alla morte imminente. Centinaia di esseri umani condividono lo stesso tetto, costretti a razionare il poco cibo e la poca acqua potabile ancora disponibile. Nel frattempo, camion ricchi di generi alimentari, medicinali ed igienizzanti vengono trattenuti dall’esercito israeliano che ne impedisce il passaggio.
“Dobbiamo fare in fretta” – le parole della delegazione araba – “Non abbiamo più spazio per gli aiuti che arrivano continuamente – vanno trasportati con i camion che gli israeliani non fanno passare”. Ed ecco dunque che, di fronte al rifiuto di una dovuta collaborazione tra le potenze coinvolte, si pone il lecito dubbio riguardo al reale obiettivo del governo di Netanyahu. La causa israeliana, che avrebbe dovuto implicare il contrasto esclusivo dei terroristi, si presenta come volta alla decimazione deliberata di un’intera civiltà.