L’accusa di truccare le elezioni è costata molto cara, anche fuori di metafora, a Rudolph Giuliani nel suo ruolo di avvocato di Donald Trump.
La pubblicità negativa è parsa per qualche anno la tecnica ideale per conquistare l’approvazione delle masse. E vincere qualunque elezione, semplicemente denigrando l’avversario. Anche con il ricorso alla menzogna. Lo hanno dimostrato la Brexit e soprattutto la vittoria di Donald Trump nel 2017, contro tutti i pronostici e i sondaggi. Per vincere non era più necessario sconfiggere dialetticamente l’avversario, rendendosi credibili e propositivi e assumendosi impegni e responsabilità. Sarebbe stato più efficace distruggerne la reputazione, per mezzo di una campagna sul filo della diffamazione.
Nel 2020-21 la competizione per la Casa Bianca è stata così accesa, che Trump non ha riconosciuto la sconfitta contro Joe Biden. E anzi l’avvocato del presidente uscente, Rudy Giuliani, ha insistito allo scopo di ribaltare il risultato delle urne. Lo spunto era stato offerto da un video, in cui si vedevano due scrutinatrici elettorali dello Stato della Georgia scambiarsi qualcosa, di mano in mano, proprio mentre venivano contate le schede. Erano Ruby Freeman e Wandrea ArShaye Moss, madre e figlia, le quali secondo l’accusa di Giuliani si sarebbero scambiate una chiavetta Usb allo scopo di truccare le elezioni a favore di Joe Biden.
Non era un intrigo internazionale, ma una mentina
In realtà si erano scambiate soltanto una mentina, una dolce, innocua mentina per evitare l’alito pesante. Non era una chiavetta Usb carica di false schede scannerizzate. Giuliani, all’età di 79 anni, ha fatto leva sulla credibilità che si era conquistato come sindaco e poi come procuratore di New York, aveva pronunciato pubblicamente la sua accusa di broglio elettorale, riportata da un giornale. Le due donne hanno vinto la causa per risarcimento danni, ottenendo non 48 milioni di dollari, come avevano chiesto, bensì 148. La decisione del giudice è stata particolarmente severa, perché dopo la contestazione di Giuliani la vita privata delle due scrutinatrici è stata sconvolta da una tempesta mediatica.
L’ex sindaco di New York era diventato famoso per la sua particolare intransigenza, rispecchiata dallo slogan della “tolleranza zero” contro la piccola criminalità. Ora invece sostiene l’opposto: il processo da lui perso nulla avrebbe a che vedere, secondo le dichiarazioni rese a caldo, subito dopo la sentenza, con lo stato di diritto.
Che cosa non si fa per un candidato presidente
Giuliani non è più il legale di Donald Trump, eppure insiste. Afferma che le sue contestazioni all’operato delle due scrutinatrici erano supportabili sia allora che oggi, tre anni dopo le elezioni. L’ex sindaco e procuratore ha investito tutti i suoi averi nella campagna elettorale a favore del tycoon, tanto che ora, da quanto sostiene, non ha più denaro per poter pagare il risarcimento. Che inoltre si addiziona ai 230mila dollari che già doveva sborsare tra spese legali e sanzioni, sempre per la vicenda delle elezioni in Georgia. Anche lui, alla maniera di Trump, alla fine ha accusato Joe Biden. Dunque, Giuliani è stato radiato dall’ordine degli avvocati e ha perso tutti i propri averi, e infine deve 1,4 milioni di dollari ai suoi stessi ex legali, che ora esigono il pagamento delle loro parcelle.