Un epilogo tanto tragico, quanto prevedibile: l’esercito israeliano ha ucciso tre ostaggi per errore, indossavano abiti palestinesi.
La guerra imperversa sui cittadini palestinesi e coinvolge inevitabilmente gli ostaggi trattenuti da Hamas a Gaza. Oltre cento di loro si trovano tutt’oggi nella morsa terroristica, vincolati in un luogo travolto dal fuoco delle bombe e dalla potenza dei proiettili. Era prevedibile che, prima o poi, l’intensità dell’iniziativa militare avrebbe implicato la morte di alcuni di loro. Un epilogo tragicamente scontato quindi quello emerso nelle ultime ore, quando il portavoce militare Daniel Hagari ha confermato l’errata uccisione di tre ostaggi per mano dei soldati israeliani. Le tre vittime, rapiti dai terroristi durante l’attentato ai kibbutz, indossavano abiti palestinesi.
L’esercito non ha esitato un solo secondo. Nelle ultime settimane, in onor del vero, Hamas ha adottato una strategia invasiva efficace, ossia l’invio di terroristi suicidi contro le forze armate nemiche, in modo da destabilizzare l’offensiva e guadagnare tempo. I tre israeliani sono stati quindi scambiati per “soggetti kamikaze” e conseguentemente abbattuti. “L’unità ha aperto il fuoco in loro direzione ed essi sono rimasti uccisi” – spiega Hagari – “Subito si è creato un sospetto”. Il portavoce ha poi sottolineato di come l’esercito, mortificato, si assuma la piena responsabilità della morte prematura dei tre giovani. Uno di loro aveva solo 22 anni.
Israele uccide gli israeliani
I tre ostaggi uccisi sono Yotam Haim, Samer Talalka e Alon Shamriz, rispettivamente di 28, 22 e 26 anni. Haim è stato rapito lo scorso 7 ottobre durante l’attentato al kibbutz di Kfar Aza. Appassionato di musica, era un abile batterista ed aveva fondato una band heavy metal insieme ai suoi amici, i Persephore. Talalka, il più giovane, lavorava in una fattoria. Si trovava proprio nella struttura quando i terroristi hanno colpito il kibbutz di Nir Am, dove risiedeva. Per concludere Shamriz, residente anch’egli nel kibbutz di Kfar Aza, era uno studente di ingegneria informatica.
Tre giovani promettenti, uccisi da un mero errore dei loro stessi concittadini. Si è dunque concretizzata la paura insita nelle famiglie degli ostaggi, l’angoscia alimentata dal terrore che i loro cari rimangano coinvolti nelle operazioni militari. La morte dei tre giovani è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E così nelle strade di Tel Aviv, invase dai civili in protesta, hanno riecheggiato slogan infuocati contro il leader israeliano. La popolazione pretende il rilascio immediato degli ostaggi e l’apertura nei negoziati.