Hamas interrompe in negoziati con Israele, volti al raggiungimento di un accordo di rilascio degli ostaggi. Netanyahu si rassegna.
In seguito all’interruzione della pausa umanitaria, le forze armate israeliane hanno imbracciato le armi e sono tornate ufficialmente operative. Superata una prima fase di liberazione della zona settentrionale dai terroristi, l’esercito si sposta ora verso sud. La guerra imperversa e il numero delle vittime uccise dalle bombe e dai proiettili vaganti lievita inesorabilmente. Di fronte ad una strage annunciata, Hamas ha posto un’importante ed irremovibile condizione: “Non ci saranno negoziati finché non si fermerà l’aggressione a Gaza” – annuncia l’esponente dell’organizzazione in Libano, Osama Hamdan.
La liberazione degli ostaggi, trattenuti nella Striscia dallo scorso 7 ottobre, avrebbe dovuto rappresentare la massima priorità per il governo in carica. Un conflitto nato con il presupposto di proteggere la popolazione israeliana, ma che di fatto si rivela una lotta contro gli oppositori politici oltreconfine. Più di 130 persone si trovano nel sottosuolo di Gaza, prigionieri dei terroristi. Nonostante questo, sembra che il Primo Ministro Benjamin Netanyahu punti al perseguimento di ambizioni ben più estese. Per la prima volta dal consumarsi delle ostilità, le famiglie degli ostaggi apprendono con disperazione e rammarico un’amara verità.
Netanyahu sacrifica gli ostaggi
Benjamin Netanyahu ha concesso un incontro ai famigliari degli ostaggi che, tutt’oggi, si trovano vincolati nelle basi terroristiche stabilite nella Striscia. La minaccia espressa chiaramente dai sostenitori di Hamas non ha toccato minimamente la sensibilità del premier in carica. Il leader avrebbe letto un discorso, freddo e distaccato, senza rispondere alle domande dei parenti accorsi per ricevere aggiornamenti in merito alla tutela dei loro cari. “Non c’è la possibilità di riportare tutti a casa” – parole che hanno trafitto i presenti – “può qualcuno immaginare che se ci fosse la possibilità, qualcuno la rifiuterebbe?”.
La verità è che Netanyahu non è disposto ad interrompere l’offensiva israeliana per salvare l’ultimo centinaio di ostaggi. La figlia di Chaim Peri, 79enne trattenuto a Gaza, ha lamentato la negligenza del governo, ribadendo il concetto che la priorità assoluta dovrebbe risiedere nel rilascio delle vittime. “Stiamo facendo di tutto per il ritorno degli ostaggi” – ha spiegato il capo di Stato Maggiore delle Idf, Halevi. Dichiarazioni che tuttavia perdono di sostanza e significato di fronte alla rassegnazione del premier in carica. Nel frattempo Hamdan getta benzina sul fuoco: “Riterremo Netanyahu responsabile della vita [degli ostaggi detenuti a Gaza]“.