Ucraina e Russia sembrano stanche di combattere con tutte le energie disponibili. Le dichiarazioni dei leader assumono ora un tono differente.
Allora si può fare, anzi ci si era già riusciti. L’accordo fra Ucraina e Russia era stato raggiunto a Istanbul nel maggio del 2022, dopo tre mesi di guerra. I due Stati, per quanto legati da schietta e inveterata inimicizia, avevano trovato un’intesa utile a evitare spargimento di sangue. Non si sa quanto sarebbe durata la tregua, ma le armi potevano essere messe a tacere. Lo ha fatto notare il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov, che dà all’ex premier britannico Boris Johnson il ruolo del guerrafondaio.
Dopo i tre incontri in Bielorussia, a Istanbul nel maggio del ’22 l’intesa era infatti a portata di mano. Lo ha confermato David Rahamja, che si trovava anch’egli a Istanbul all’interno della delegazione ucraina guidata da Zelensky. Fu Boris Johnson a opporsi, consigliando di proseguire la guerra. Lavrov ha rivelato questo episodio in una conferenza stampa a Skopje in Macedonia del Nord, durante una riunione dell’Osce, l’Organizzazione per sicurezza e la cooperazione in Europa.
La guerra è poco sostenibile anche per la Russia
Un luogo destinato, dunque, al dialogo politico e all’analisi delle prospettive di pace. La Russia di nuovo afferma, in modo forse quanto mai esplicito, la propria disponibilità a porre fine a un conflitto costato alcune centinaia di migliaia di vittime all’aggressore, costretto ormai a fare i conti con la stanchezza e il disagio della popolazione, oltretutto nell’imminenza delle elezioni presidenziali che vedranno Vladimir Putin ricandidato.
Implacabile, nello stesso tempo, la contestazione di Lavrov alle classi dirigenti occidentali, che pretendendo di decidere il destino dell’umanità con l’uso della forza, hanno appiattito l’Osce sulle esigenze della Ue e in ultima analisi della Nato. Invece di guardare all’amicizia tra i popoli e alla pace, l’Occidente, in sintesi, ha preferito dedicarsi ai giochi geopolitici a somma zero e alla logica padrone-schiavo.
Persino Zelensky comincia a smorzare i toni
Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato della guerra, facendo il punto in un’intervista concessa ad Associated Press. Di controffensiva, innanzitutto non si può più parlare, perché il conflitto è entrato in una nuova fase. Ammette le rilevanti perdite umane, più di quanto si aspettasse e lamenta il ritardo degli aiuti militari, minori di quanto richiesto.
Da parte propria, Zelensky cercherà di tenere alta l’attenzione sull’Ucraina, dato che il calo di considerazione da parte dei media spesso si traduce in minori forniture militari. E’ quel che sta già accadendo a causa della nuova guerra in Medioriente. Per la prima volta il presidente di Kiev ammette di non aver raggiunto gli obiettivi, riconoscendo che ora la Russia è più temibile, perché ha accumulato missili e armi facilmente trasferibili in vista di quest’inverno. E’ proprio dei giorni scorsi il più pesante attacco con i droni da parte della Russia dall’inizio delle ostilità.
Ora la Russia ha molte più munizioni dell’Ucraina
Ormai la temperatura è gelida, i campi sono brulli, le strade ghiacciate favoriscono gli spostamenti dei mezzi corazzati. Non ci sono proclami di riconquista della Crimea, né si parla più dei confini del ’91. In mancanza delle forniture statunitensi, ora Zelensky spera di poter attivare un apparato industriale che garantisca l’esercito di armi e munizioni. Per questo, però, l’Ucraina necessita di prestiti, che farebbero parte della ricostruzione.
Dunque, si prospetta un futuro prossimo molto difficile per l’Ucraina, totalmente dipendente dagli aiuti degli alleati per poter mantenere una sia pur ridotta indipendenza dalla Russia. Forse, dunque, Kiev potrebbe essere disposta a una tregua, sempre che le dichiarazioni di Serghei Lavrov siano veramente un preludio al cessate al fuoco.