L’impresentabilità di Trump sembrava garantire la rielezione di Joe Biden nel 2024. Ma le due costose guerre stanno ribaltando le previsioni.
Ha un bel dire il consigliere alla sicurezza Jake Sullivan, che Israele deve distinguere fra terroristi e civili, separando chiaramente le due categorie. Le dichiarazioni nei talk-show televisivi possono essere del tutto condivisibili. E anzi il vice di Sullivan, Jon Finer, può ben sottolineare, ancor meglio, che gli Stati Uniti non dànno assistenza militare incondizionata a nessuno. Il dato di fatto è che Joe Biden è in grande difficoltà nei sondaggi, al tal punto che rischia di perdere le elezioni, pur essendo in posizione di assoluto favore, come presidente in carica.
Tra i Democratici americani la preoccupazione sale per fondati motivi, e non solo per gli 81 anni del presidente, protagonista di un processo di invecchiamento che può farsi ancora più vistoso in poco tempo. Non sono, ormai, le gaffe a ripetizione e i vuoti di memoria a preoccupare. Sono le strategie politiche della Casa Bianca a rivelarsi troppo fragili e deludenti, per non dire fallimentari.
Un presidente sempre più debole e in balia degli eventi
Il premier israeliano Netanyahu, malgrado tutto il sostegno ricevuto da Washington, oltretutto se ne guarda dal seguire le raccomandazioni di Biden. Tel Aviv si è lanciata in un’operazione militare contro Hamas così feroce da sembrare una rappresaglia e soprattutto lontana dal raggiungimento degli obiettivi strategici militari. L’eradicazione di Hamas dalla Striscia di Gaza ancor oggi è una mera illusione. Negli ultimi giorni, durante la pausa più volte chiesta da Washington, è sempre Hamas a rilasciare gli ostaggi, alcuni dei quali hanno riferito di non essere nemmeno stati imprigionati nei tunnel sotterranei della Striscia. Soprattutto, la terribile crisi umanitaria dei palestinesi della Striscia ha commosso il mondo.
I capi di Hamas potrebbero trovarsi altrove, anziché a Gaza, mentre lo Stato ebraico si accanisce in bombardamenti che fanno strage di civili. L’immagine internazionale di Israele e del suo alleato americano ne risente. Ugualmente, anche in Ucraina la strategia americana è in sofferenza. La Casa Bianca ha voluto aiutare Kiev, senza però minacciare la destituzione di Vladimir Putin, e senza esporre quindi la Russia a un’ancor maggiore influenza cinese. Anche in questo caso il Paese in guerra, l’Ucraina, sta fallendo nel proprio intento.
La forza militare americana non garantisce più l’ordine globale
Le speranze del presidente Volodymyr Zelensky di ripristinare i confini del ’91 vengono frustrate dalla forza russa. La vittoria militare sfugge anche in questo caso alla Casa Bianca, pur dopo aver donato con grande generosità armi e munizioni a Kiev per un anno e mezzo. Joe Biden, attualmente unico candidato democratico alle presidenziali del 2024, dovrà spiegare perché tanta spesa si è rivelata inutile, di fronte a centinaia di migliaia di morti e feriti ucraini, con il Donbass e la Crimea ancora nelle salde mani di Mosca.
Le donazioni non sono neppure finite. Biden ha chiesto al Congresso un ulteriore pacchetto di aiuti, per le due guerre, da 100 miliardi di dollari, per ora bloccato dalla contrarietà politica dei repubblicani del congresso. Del pacchetto fanno parte, inoltre, gli impegni per la sicurezza di Taiwan e sul confine con il Messico. Senza questi soldi, Israele e Ucraina saranno costretti a rallentare e poi fermare le operazioni militari. Chuck Summer, il leader dei senatori democratici in una lettera ai colleghi ha annunciato di voler portare il pacchetto della Casa Bianca in aula il 4 dicembre, per votarlo.
Un drappello di parlamentari può scatenare il caos
Le divisioni sono tali che Summer potrebbe fallire. La credibilità del partito democratico statunitense, dunque, appare legata a eventualità non controllabili, come il voto imprevedibile di pochi senatori. E con il pericolo di ritrovarsi in campagna elettorale a gestire il fallimento di due guerre molto costose. Ecco perché nel partito che è riuscito a sconfiggere Donald Trump nel 2016 ci si domanda se Biden è ancora il candidato vincente.
In passato i democratici hanno contato sulla debolezza di Donald Trump, che dopo il 2016 ha perso continuamente, e che ora però è in testa nei sondaggi. Trump potrà contare sulla cattiva immagine di Kamala Harris, la quale ha collezionato dichiarazioni imbarazzanti, addirittura dannose per il suo stesso partito. E non appare in grado di svolgere il ruolo di comandante in capo. Va inoltre considerato che eleggere Biden nel 2024, significa garantire che sarà la Harris a diventare presidente poco dopo, vista la fragilità della salute del presidente. Trump lo potrà ripetere fino alla vigilia del voto.
Scelte politiche rischiose e macchina del fango in agguato
Ma ci sono anche altri fattori negativi per i democratici. Il figlio del presidente, Hunter Biden, a quanto pare, avrebbe usato il marchio Biden per arricchire la famiglia, secondo i repubblicani persino il padre Joe, che infatti ha rischiato l’impeachment. Perché mai allora i democratici non hanno selezionato un candidato presidente più giovane, senza problemi legati all’età, alla famiglia e al conflitto di interessi? Perché tanto timore che le primarie causino una spaccatura irrimediabile?
Ora non è affatto certo che Trump perda nel 2024 di nuovo contro Biden. Infatti, il problema d’immagine creato dalle vicende di Hunter Biden può equivalere al peso negativo dei processi che vedono imputato Trump. Il quale nel 2016 è riuscito a sfruttare cinicamente i dubbi astutamente creati sulle attività di Hillary Clinton. La propaganda negativa in stile Bannon, una potente macchina del fango, è stata efficace.
Se l’ordine internazionale è caotico, ci sono problemi anche domestici, negli Stati Uniti. La crescita economica infatti dovrebbe rallentare, secondo le previsioni, mentre la questione dell’immigrazione dal Messico provoca tensioni sociali e l’inflazione degli ultimi due anni e mezzo limita il potere d’acquisto del ceto medio. Non sostituire Biden con un candidato più giovane, dallo sguardo rivolto più ai problemi interni, e meno a guerre rischiose e interminabili, se non perse come in Ucraina, potrebbe dunque rivelarsi un errore fatale ai democratici americani.