Il conflitto russo-ucraino non sembra destinato a concludersi facilmente: Putin non ha alcuna intenzione di abbandonare il tiro.
L’inverno ha affievolito il temperamento bellico delle fazioni coinvolte nel conflitto russo-ucraino. E mentre i soldati sopravvivono a fatica nelle trincee ghiacciate, i principali esponenti dell’Europa Orientale si sono riuniti per discutere dell’andamento della guerra. I capi d’ufficio e i ministri degli esteri della Russia, Repubblica Cieca, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Svezia e persino Gran Bretagna e Finlandia – che di recente ha annunciato la chiusura temporanea di tutti i valichi al confine con la Russia – hanno predisposto un incontro a Riga. L’obiettivo risiede, per quanto possibile, nel tentativo di raggiungere eventualmente un accordo tra le parti.
In occasione dell’incontro, la Finlandia ha potuto ribadire la scorrettezza russa in merito alla migrazione repentina dei richiedenti asilo, “un’attacco ibrido” che nasce dunque dalla volontà di indebolire il sistema di sicurezza della nazione e dell’intero continente. Una strategia come questa, utilizzata come strumento di pressione, testimonia l’impossibilità degli Stati dell’Europa Orientale di potersi fidare del vicino di casa, il quale agisce ogniqualvolta percepisce dei movimenti diplomatici sgraditi al Cremlino. Nel frattempo, in merito all’Ucraina, la comunità internazionale ha discusso sui futuri interventi post-bellici. Come se Zelensky avesse già perso la guerra e le nazioni vicine dovessero decidere il da farsi.
Si parla di intervento post-bellico
A Vilnius è stato organizzato l’Ukraine Green Recovery Conference, un incontro di quattro giorni entro i quali la Commissione Europea dovrà studiare delle politiche efficienti di ripresa del territorio. Per quanto la guerra travolga inesorabilmente gli esseri umani, è giusto sottolineare al contempo il terribile impatto ambientale di un conflitto di tale portata. La bombe, gli attacchi missilistici, il fuoco e la fuliggine che ne consegue non solo hanno raso al suolo intere strutture ed infrastrutture pubbliche, bensì hanno anche provocato ingenti perdite nella biodiversità.
Le acque che bagnano l’Ucraina sono ormai contaminate, per non parlare poi dell’importante minaccia nucleare. Laddove le centrali dovessero subire delle perdite o falle nel sistema, potrebbero intaccare la terra, il suolo e la vegetazione circostante. “L’attacco deliberato della Russia alla più grande diga ucraina di Kachovka” – spiega il Presidente della Lituania, Gitanas Nauseda – “ha causato il più grande disastro ecologico in Europa dai tempi di Chernobyl”. Ha infine concluso: “L’Ucraina ha bisogno di un’assistenza internazionale urgente, credibile e unita per proteggere il suo ambiente”. Peccato che questo, almeno per il momento, non sia di fatto applicabile. La guerra non è ancora finita.