Il conto alla rovescia è iniziato: Hamas verrà travolto nuovamente dalla potenza delle bombe e delle forze armate israeliane.
Gli esponenti di Hamas sono riusciti ad ottenere un ulteriore prolungamento della pausa umanitaria, in cambio del rilascio di altri 20 ostaggi. Tuttavia, le condizioni esposte dai terroristi verranno ben presto rifiutate da Benjamin Netanyahu. La coalizione che sostiene il governo ha manifestato chiaramente la propria posizione in merito al conflitto, il quale non può assolutamente contemplare un cessate il fuoco definitivo. L’obiettivo risiede nella sconfitta del partito estremista palestinese e, di conseguenza, la sua completa eliminazione dal territorio. Scegliere di rinunciarvi, significherebbe ammettere la sconfitta.
Nel frattempo Hamas gioca le poche cartucce rimaste, utilizzando gli ostaggi come merce di scambio. Nel momento in cui Israele avrà provveduto al recupero di tutti i concittadini rapiti, non avrà più motivo di limitare la propria azione offensiva. La guerra si sposterà così nei tunnel e nelle basi terroristiche stabilite nel sottosuolo di Gaza, un labirinto che i miliziani conoscono molto bene, ma che tuttavia rimane momentaneamente estraneo all’esercito israeliano. Condurre le forze armate nella tana di Hamas, significa fondamentalmente imprigionare i soldati al suo interno. Tale strategia rimane l’unica speranza per i terroristi di contrastare efficacemente Netanyahu.
Israele in trappola
L’analista geopolitico Dario Fabbri ha esposto la propria riflessione sul conflitto israelo-palestinese. Nonostante le ripetute preoccupazioni espresse da Netanyahu – il quale ha sostenuto che la pausa umanitaria servisse ad Hamas per riunire i miliziani – egli ritiene che tale posizione sia in sostanza infondata. Quattro giorni di respiro dal fuoco delle bombe non sono sufficienti per consentire ai terroristi di provvedere al trasferimento dei rifornimenti militari e l’invio di nuove unità di uomini armati da piazzare sul campo di battaglia.
“Hamas, sebbene poco, può riprendersi” – le parole di Fabbri – “Oggettivamente, dopo quattro giorni, non è che fa granché sul piano militare”. La speranza di Hamas si riassume nella pressione internazionale in merito ad un cessate il fuoco definitivo, un desiderio che Israele non può assolutamente soddisfare. Il governo si trova così con le mani legate: da un lato persevera nella volontà di difendere il territorio dalla violenza terroristica, dall’altro la sua posizione diplomatica – soprattutto in merito ai rapporti con le principali nazioni occidentali – ne sta inevitabilmente risentendo. “Io credo che il governo israeliano non sappia come muoversi” – ha concluso l’analista geopolitico.