La pausa umanitaria, benché consenta di tirare un respiro di sollievo, non è sufficiente per sanare i bisogni della popolazione palestinese.
Quella dei volontari appare come una corsa contro il tempo. Presto l’esercito israeliano tornerà a scatenare la sua furia sulla popolazione palestinese, rendendo vano qualsiasi tentativo di ripresa. La pausa umanitaria, benché necessaria per consentire alla Striscia di tirare un respiro di sollievo, non è sufficiente per sopperire ai bisogni delle vittime della guerra. La comunità internazionale ha provveduto ad inviare repentinamente risorse e dispositivi di assistenza. Gli Stati Uniti hanno trasferito un aereo che trasportava 510 quintali di medicinali e prodotti alimentari in Egitto, in modo da raggiungere Gaza il prima possibile.
E mentre gli ostaggi vengono liberati da ambe le parti, Hamas e Israele ribadiscono le reciproche posizioni, rifiutando categoricamente la proposta del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: “Insistiamo nel chiedere un cessate il fuoco umanitario che porti al rilascio incondizionato e immediato di tutti gli ostaggi” – un pensiero, questo, percepito così utopico e lontano dalla realtà potenzialmente tangibile. Gli israeliani trattenuti da Hamas di fatto rappresentano una preziosa merce di scambio, la stessa che è stata sfruttata dai miliziani per chiedere espressamente a Netanyahu un cessate il fuoco temporaneo.
Niente acqua a Gaza
Le risorse umanitarie stanno raggiungendo progressivamente i luoghi colpiti dal conflitto. Si tratta tuttavia di unità che non riescono certo a soddisfare le esigenze dei 2 milioni di abitanti imprigionati nella Striscia. L’assenza di carburante impedisce alle organizzazioni di soccorso di provvedere alla cura dei feriti e alla ripresa dei più deboli. Senza carburante non si può cucinare, non si possono sterilizzare acqua e strumenti sanitari. Nel frattempo camion colmi di alimenti, acqua e viveri stanno attraversando a poco a poco il territorio per raggiungere finalmente la popolazione disperata.
Le immagini diffuse da un drone, situato nei cieli al di sopra del campo di Khan Younis, mostrano chiaramente le lunghe file di cittadini in attesa di ricevere un po’ d’acqua per dissetarsi e rinfrescarsi. In molti aspettano per più di 24 ore, sotto il sole e nella notte invernale, per poter fare scorta di benzina, cibo e gas da cucina. Le code si prolungano per quasi un centinaio di metri. Nel frattempo il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato Netanyahu di far cadere il governo, a meno che il leader non ordini immediatamente all’esercito di proseguire con l’offensiva.