Ci si interroga ancora sul perché ci fu un buco così evidente nell’intelligence israeliana. Ma qualcuno aveva provato ad avvertire
Il 7 ottobre 2023 è una data che entrerà -tristemente- di diritto nella storia dello Stato di Israele. Quel giorno venne compiuto la strage più grave e violenta dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Solo un mese fa migliaia di cittadini israeliani sono stati trucidati dai miliziani di Hamas e dai componenti di altri gruppi terroristici legati alla Striscia di Gaza. Un episodio che ha sconcertato il mondo intero e che, ancora oggi, fa sorgere numerosi dubbi sulla tenuta della difesa di Israele. In molti si chiedono infatti come una delle migliori intelligence al mondo non abbia captato il pericolo. Ma c‘è chi denuncia la totale incuria dei Servizi di Tel Aviv.
“Ho avvertito del pericolo di Hamas”
Yigal Carmon, ex consigliere dell’antiterrorismo e colonello dell’Aman, l’intelligence israeliana dell’esercito. Oggi 77enne, ha raccontato al Corriere della Sera i giorni precedenti all’attacco a sorpresa di Hamas e di come, per alcuni, non si è trattato di un episodio accaduto dal nulla. Carmon, infatti, ha affermato che durante i mesi di maggio, agosto e settembre del 2023 aveva cercato di avvertire l’intelligence israeliana di quella che era una vera e propria minaccia imminente da parte di Hamas. In quei giorni, infatti, fece diversi interventi presso il Memri, un centro di analisi del Medio Oriente.
Secondo Carmon, l’idea di Netanyahu era quella di lasciar perdere Hamas e permettere che l’organizzazione continuasse a ricevere i fondi dal Qatar. In questo modo, dice Carmon, si sarebbero concentrati esclusivamente sulla conquista e gestione di Gaza. un’idea che è andata avanti per circa 10 anni nella convinzione che fosse la strategia giusta, ma che si è rivelata completamente fallimentare. Per l’ex capo dell’intelligence israeliana il Qatar ha un’influenza su Hamas ancora più grande rispetto all’Iran e Netanyahu “si è lasciato ingannare” dall’apparente tranquillità.
Il governo di Tel Aviv, spinto soprattutto dalla sua frangia estremista di destra, ha dunque lasciato perdere il sud e si è spinto a nord, dove c’è la Cisgiordania. La spinta per una maggiore colonizzazione in Cisgiordania ha quindi fatto sì che la maggior parte dell’esercito e delle risorse di intelligence venissero spostate in quella zona della regione, affidandosi ai sistemi di controllo ai confini della Striscia di Gaza. Sistemi che vennero abilmente aggirati grazie a strumenti considerati obsoleti dal punto di vista tecnologico. Il resto della storia, purtroppo, la conosciamo tutti e racconta il vero e proprio genocidio di migliaia di civili morti in un solo giorno.