Il personale penitenziario scarseggia, nel frattempo i detenuti si fanno giustizia da soli. Scagni è stato aggredito dai compagni di cella.
La segnalazione giunge dal segretario regionale Uil della polizia penitenziaria ligure. Fabio Pagani ha spiegato di come tre detenuti si siano accaniti sul corpo di Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione per l’omicidio di sua sorella Alice. Allarmati dalle grida e dalle urla che rimbombavano nel corridoio della struttura penitenziaria, le forze dell’ordine sono intervenute per salvare il detenuto da morte certa. Durante l’operazione di soccorso, una delle guardie è rimasta ferita, mentre Scagni riportava chiaramente i segni di percosse ed ematomi gravi. E’ stato quindi condotto presso l’ospedale di Sanremo e successivamente ricoverato.
I tre detenuti, colpevoli dell’aggressione, dovranno rispondere dell’accusa di tentato omicidio. Non è la prima volta che i compagni di cella attuano una vendetta personale nei confronti degli altri criminali trattenuti in carcere. Proprio lo scorso 13 settembre, un detenuto è stato ucciso all’interno della struttura penitenziaria, senza che nessuno intervenisse prontamente per salvarlo. Pagani, di fronte alle problematicità sempre crescenti in merito alla gestione dei carcerati, ha colto l’occasione per puntare il dito contro il Governo Meloni: “Emergenza penitenziaria, sotto gli occhi di tutti tranne che del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e del Governo Meloni”.
La madre di Scagni interviene
La madre di Alberto Scagni si aggrega a Fabio Pagani, sottolineando di come lo Stato – invece di salvaguardare l’umanità dei detenuti, investendo sulla loro rieducazione – costringa i criminali ad una sopravvivenza che alimenta invece crudeltà e aggressività. Suo figlio di fatto è stato aggredito più di una volta dai compagni di cella, ragion per cui la famiglia – con la mediazione degli avvocati – aveva esposto la possibilità di concedergli una cella singola, desiderio che ovviamente non è mai stato esaudito. “I suoi compagni detenuti direi che li hanno scelti per bene” – ha incalzato Antonella Zarri.
La donna è poi intervenuta in merito all’omicidio di Giulia Cecchettin ed ha dunque accusato nuovamente le istituzioni di negligenza. “Se parliamo di segnali, noi ne abbiamo lanciati prima e dopo la morte di Alice” – ammette con sofferente coscienza – “Alberto era malato, noi abbiamo cercato i servizi di salute mentale e abbiamo implorato i poliziotti di intervenire”. Ha inoltre ribadito di non aver mai voluto l’assoluzione di suo figlio, bensì l’applicazione di una giusta pena, un concetto che tuttavia si dissocia completamente dalle torture subìte all’interno delle strutture penitenziarie.