Il sistema sanitario sta crollando, così come la gestione dei rifugi. I numeri parlano chiaro: la popolazione palestinese sta morendo.
Ancor più delle immagini diffuse in rete, sono i numeri la chiara rappresentazione della tragedia umanitaria che si sta consumando presso la Striscia di Gaza. Tralasciando temporaneamente le unità registrate di vittime della guerra – 15mila in totale, di cui più di 6mila bambini – è opportuno, ad esempio, analizzare le condizioni di sopravvivenza delle donne e dei loro bambini. Oltre 50mila di loro portano in grembo un futuro nascituro, una condizione che le sfavorisce inesorabilmente laddove sia necessario fuggire repentinamente da un rifugio all’altro. Inoltre, la condizione angosciante alla quale tutta la popolazione è sottomessa, ha provocato una serie di parti prematuri.
E’ dunque un cane che si morde la coda: le mamme partoriscono precocemente, questo contempla il bisogno di dispositivi di assistenza ed incubatrici funzionanti, al momento inesistenti. Le scarsissime condizioni igieniche le costringono a mettere al mondo i proprio bambini per terra, avvolte dalla sporcizia e dal sangue rappreso della vittima che, pochi istanti prima, aveva esalato il suo ultimo respiro su quello stesso pavimento. “In ogni rifugio c’è stata la morte di almeno un bambino” – ha spiegato un operatore di Juzoor, partner di Oxfam – “Ora stiamo cercando di mobilitare una squadra di ostetriche per fornire cure prenatali e neonatali alle donne”. Le nascite premature infatti sono aumentate del 30%.
35mila persone in 13 rifugi
Tornando ai numeri, Oxfam ha denunciato la presenza di più di 35mila persone, ammassate all’interno di appena 13 rifugi. Più di cinquecento donne incinte convivono con i feriti, una condizione che incrementa inesorabilmente il rischio di infezioni, epidemie e proliferazione dei batteri. I rifugiati, costipati all’interno di quattro misere mura, condividono in 600 un solo bagno. I neonati prematuri, ancora troppo deboli per combattere un mondo così crudele, muoiono per ipotermia, diarrea, infezioni di qualsiasi natura e disidratazione. Molti di loro si spengono lentamente dopo appena 3 mesi di vita.
Il portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, Paolo Pezzati, è quindi intervenuto: “Se anche la pausa umanitaria di quattro giorni sarà mantenuta” – la sua rassegnazione – “non basterà assolutamente per far fronte agli immensi bisogni della popolazione”. Nel frattempo, succubi del gelo e del fuoco nemico, le neomamme cercano di salvaguardare la vita dei loro piccoli. Una vera missione, considerando la mancanza di cibo, riscaldamento, acqua e assistenza sanitaria adeguata.