I rifornimenti internazionali alleati devono dividersi tra Gaza e Ucraina: Zeleski chiede un maggiore coinvolgimento da parte degli europei.
Due conflitti in meno di due anni, di cui uno ha contemplato la morte di più di 11 mila persone in poco più di un mese. Europa e Stati Uniti non sanno più a chi dare i resti. Inoltre, mentre il conflitto russo-ucraino vede una contrapposizione tra leader politici – ed uno studio dunque accurato delle singole operazioni militari – la guerra israelopalestinese appare come un genocidio di massa ingestibile ed inarrestabile, sostenuto da un premier che non ascolta neppure i membri della sua stessa coalizione. Non dovrebbe stupire dunque la scelta di riservare maggiore attenzione a quanto accade tutt’oggi a Gaza.
Questo, prevedibilmente, ha influenzato indirettamente Volodymyr Zelenski. Il primo ministro, che per oltre due anni ha potuto godere dell’appoggio della Commissione Europea e degli Stati Uniti, si vede ora costretto a dividere i rifornimenti con Israele. Il suo appello nelle ultime settimane appare disperato. Molti dei suoi consiglieri hanno spiegato che l’ex attore nutra una profonda delusione in merito al distacco e all’indifferenza percepiti in Occidente. Il premier ha spiegato di aver bisogno di un supporto alleato tangibile. Questa, l’unica speranza per l’Ucraina, non tanto per vincere la guerra, bensì per sopravvivere alla potenza delle forze armate russe.
Troppi conflitti, poche munizioni
Il conflitto si concentra su due fronti: nella regione del Donetsk, ad Aviivka, e nella regione di Kherson, sulla riva sinistra del fiume Dnipro. La seconda in particolare è occupata dai russi e questo impedisce all’esercito di attraversare le acque del canale. L’intelligence nemica ha di fatto registrato la morte di più di 460 militari ucraini, oltre alla perdita di due carri armati e 17 veicoli di proprietà dell’esercito.
Di tutta risposta, Zelenski ha sostenuto che i russi stessi abbiano subìto perdite sostanziose sul campo di battaglia e considera paritaria la posizione delle due fazioni. Questo tuttavia non basta per un’efficace controffensiva, ragion per cui il leader ucraino volerà a Washington il 6 dicembre, in occasione di una conferenza sull’industria militare. L’Ucraina investe tutt’oggi sulla produzione di armi, fattore indispensabile per resistere alla portata del conflitto. Ha tuttavia bisogno di sostenitori affidabili che contribuiscano a far lievitare le unità di razzi, missili, munizioni e dispositivi di assistenza. Nell’ultimo mese infatti il numero proiettili 155mm – esportati dagli Stati Uniti – è diminuito drasticamente, poiché trasferito in Israele.