Netanyahu perde l’appoggio dei suoi stessi concittadini: laddove si dovessero organizzare le elezioni, sarebbe la sua fine.
Venticinque anni di carriera diplomatica, contraddistinta da innumerevoli successi politici, gli stessi che spinsero i cittadini israeliani ad affidare a lui l’interna nazione. Un passo più lungo della gamba potrebbe distruggere tutto ciò che Netanyahu ha costruito nel corso di questi due decenni. L’individualismo, la violenza e soprattutto l’evidente incapacità del leader di accogliere le richieste della popolazione e di rispettare i consigli dei membri della sua coalizione manifestano in realtà un’incapacità governativa imponente. L’obiettivo non doveva risiedere in un conflitto israelopalestinese, bensì nel recupero degli ostaggi rapiti dai miliziani di Hamas durante l’attentato del 7 ottobre.
Un giorno buio sul quale i cittadini si stanno interrogando da settimane. Per quanto il rancore per i terroristi invada la nazione, i suoi residenti hanno iniziato ad analizzare la tragedia da una prospettiva esterna, razionale e fredda. Si tratta di un’imperdonabile falla nella sicurezza. Per molti risulta inverosimile che l’intelligence israeliana non abbia avuto accesso a segnali, indizi o prove che avrebbero consentito loro di prevedere ed evitare il peggio. Il dolore della perdita e le immagini delle vittime trucidate e violentate hanno annebbiato le loro menti, concentrando ogni pensiero sulla vendetta e sulla salvaguarda delle 240 persone sradicate dalle proprie case. Tuttavia, ora non vi è più spazio per la rabbia, è necessario capire come agire per il bene del paese.
La fine di Netanyahu
Ed è così che Benjamin Netanyahu vede i sondaggi ridimensionarsi progressivamente. Un leader forte, determinato e capace che si tramuta inevitabilmente in un capo sanguinario, distante e bramoso di potere. Le famiglie delle vittime attendono da giorni il rilascio dei loro cari, un aspetto che appare completamente indifferente al premier in carica. Questo atteggiamento, associato alle azioni militari massicce – che potrebbero di fatto coinvolgere gli israeliani stessi sul campo di battaglia – avrebbe convinto la popolazione ad un cambio di rotta. I dittatori e gli amanti della guerra, nel XXI secolo, non piacciono a nessuno.
Meno del 4% degli ebrei lo giudica affidabile, inoltre il 73,5% dei cittadini preferisce accedere agli aggiornamenti di guerra da Daniel Hagari – portavoce dello Tsahal – piuttosto che dal leader stesso, ritenuto poco credibile. A questo proposito, il 12 ottobre scorso, la Ministra dell’Informazione Galit Distal Atbaryan avrebbe deciso di dimettersi: “Provo una collera enorme nei suoi confronti” – le sue dichiarazioni – “Ha consentito a quei mostri di prosperare durante i suoi governi. E dire che si presentava come Mister Sicurezza” – ha concluso. Il leader sta dunque perdendo il sostegno dei membri della sua coalizione e, conseguentemente, il consenso della popolazione stessa. Al momento l’unica figura rimasta fedele all’ex militare sarebbe Ron Dermer, membro del Gabinetto e suo “braccio destro” dal 2000.