Le elezioni presidenziali americane producono un certo allarmismo, soprattutto in merito ad un possibile ritorno alla Casa Bianca di Trump.
Le elezioni presidenziali americane sono importanti tanto per i cittadini statunitensi, quanto per la popolazione occidentale. Le manovre di politica interna ed esterna dei presidenti hanno spesso influenzato la geopolitica internazionale, scatenando – talvolta – tragiche conseguenze. Un concetto, questo, che assume una rilevanza notevole in relazione a quanto accade in Ucraina e ancora in Medioriente. La possibile vittoria di Donald Trump produce dunque un certo allarmismo, soprattutto in relazione alle ideologie associate alla sua figura. Egli rappresenterebbe la rivincita del nazionalismo, della brama di potere, dell’individualismo e soprattutto della crisi etica e morale dei votanti.
In un mondo utopico e idilliaco, i processi giudiziari e penali dovrebbero di fatto spingere la popolazione a trasferire i propri voti sul rivale del candidato. Eppure, sembra che in tal caso la guerra consumata nei tribunali abbia sortito l’effetto opposto. Il controverso imprenditore sta cavalcando l’hype del momento, seguendo una linea che potremmo riconoscere ad esempio in Silvio Berlusconi, il quale venne eletto ben quattro volte Presidente del Consiglio. Laddove Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, questo contemplerebbe la presa di coscienza che gli Stati Uniti d’America siano disposti a tutto pur di ottenere il benessere economico e sociale.
Trump un “pericolo per il mondo”
“La Cina e i suoi amici si rallegrerebbero della prova che la democrazia americana sia disfunzionale” – riflette l’Economist. Una nazione che si fonda sul principio di libertà, giustizia, lotta in favore della democrazia, in cui i cittadini decidono di consegnare il potere nelle mani di un uomo la cui “autorità morale” andrebbe necessariamente messa in discussione. Trump rappresenta così il paradosso ipocrita di un paese che abbandona definitivamente la coerenza ideologica e reattiva. “Farà la guerra a qualsiasi a qualsiasi istituzione che si trovi sulla sua strada, compresi i tribunali e il Dipartimento di Giustizia” – conclude infine il giornale.
E’ giusto dunque permettere ad un uomo così avido e capriccioso di detenere uno dei poteri più imponenti e soprattutto influenti a livello mondiale? Si tratta di un quesito con la quale molti dovranno fare i conti. Nel frattempo i sondaggi si trasformano in una manifestazione evidente del futuro: il 59% degli elettori sostiene che Trump vanti le qualità necessarie per guidare il paese e ricostruire l’economica in frantumi; solo il 37% degli intervistati ha dichiarato di nutrire piena fiducia in Joe Biden. L’Economist lancia un ultimo disperato appello, un avvertimento che potrebbe, di fatto, non attecchire mai: “Nel 2024 il destino del mondo dipenderà dalle loro schede elettorali”.