Provate ad immaginare gli uomini Hamas, braccati da Israele, che trovano rifugio in un altro luogo che non sia Gaza.
Immaginiamo che gli autori della strage compiuta il 7 Ottobre in Israele riuscissero a nascondersi da qualche parte nello Yad Vashem l’edificio dedicato alla memoria della Shoah. Non una sola pietra verrebbe toccata. Perché quel luogo è sacro. Ed è giusto che lo sia. Racconta la storia di innocenti uccisi dalla violenza, la nostra eterna compagna da Abele a quella che sarà l’ultima voce della sua infinita discendenza. La caccia agli assassini contemplerebbe altre strategie, fatte di attese, diversivi, pazienza e trattative di resa. Ma quel posto resterebbe intatto e intoccabile, come un tempio in difesa dell’Umanità, tutta.
L’insensatezza di quello che accade a Gaza è tutta in questa trasposizione un luogo all’altro. E ci fa comprendere come comprendere anche come la semplice contemplazione di una mappa obbligherebbe ad un radicale cambio di prospettiva. Ma le persone cercate da Israele sono nascosti a Gaza non nel Memoriale di Gerusalemme. E la differenza sono diecimila morti e una città distrutta.
Quanto vale una vita umana?
Ci si domanda allora per quale popolo, quale Umanità è stato edificato quel luogo. Perché se celebra la sacralità della vita di ogni vita, quel luogo è per ogni uomo, ogni uomo fragile e senza colpa come lo sono state le vittime della Shoah. Le persone senza difesa sono il tempio violato, ovunque esse siano. Ricordate a Gerusalemme per il passato e drammaticamente vive e presenti ora, pochi chilometri più a Sud.
E chi dovrebbe essere il primo custode di questa esperienza, viene da chiedersi, se non Israele. Viene da chiedersi se gli sguardi delle persone commemorate nello Yad Vashem fossero vivi e presenti, e testimoni del presente cosa approverebbero di quello che sta accadendo in quella terra. Nulla, e nessuna logica potrebbe pensare il contrario. E tuttavia l’Uomo è questo, e nessuno è diverso dagli altri né migliore. Si possono piangere gli innocenti in un luogo e farne altri a poca distanza. Uno degli sfregi, tra gli innumerevoli, che queste settimane di conflitto hanno prodotto è la percezione di una Shoah che è l’immane tragedia di un Popolo, certo, ma che oggi sembra relegata a questione privata di un’ élite che piange se stessa. Non la consapevolezza e il peso di un dolore nel nome del quale cambiare il mondo. Questo poteva essere la nazione di Israele, anche in questi giorni di odio. Ha scelto la vendetta. Ed è diventata simile a tutte le altre.