Per i 240 ostaggi israeliani di Hamas ancora non c’è stato tempo, ma nemmeno un piano né una trattativa. Israele non fa altro che bombardare.
Sotto le bombe, ma anche sotto la città di Gaza, nel labirinto dei cunicoli sotterranei costruiti dai palestinesi per organizzare gli attacchi, la resistenza e la sopravvivenza, ci sono gli ostaggi. Ben 240 e tutti israeliani, a dimostrare con la loro presenza fisica che l’intreccio fra palestinesi e israeliani è indistinguibile. Hamas li ha in suo potere, sicché la distruzione di Hamas, tante volte annunciata come urgente necessità, equivarrebbe a una condanna a morte degli ostaggi.
I familiari e i sostenitori delle loro ragioni – trentamila persone – protestano contro il silenzio del premier Benjamin Netanyahu, che neppure li ha ricevuti, diversamente dal presidente americano Joe Biden. E così, per far sentire la loro voce attraverso i media, si sono messi in marcia per cinque giorni, da Tel Aviv fino all’ufficio di Netanyahu, che da qualche settimana si trova a Gerusalemme, nella villa che gli ha messo a disposizione il miliardario Simon Falic.
Trentamila in marcia fino all’ufficio del premier
Vogliono che gli ostaggi siano liberati “subito e a tutti i costi”. Hanno superato anche le barriere collocate dalla polizia per avvicinarsi alla residenza del premier. E chiedergli di attivare la trattativa con Hamas. Sinora soltanto quattro persone, grazie alla mediazione della diplomazia internazionale del Qatar, hanno lasciato le grinfie dei terroristi, ma solo uno è stato liberato per l’intervento di Israele. Intanto il bombardamento più spietato di sempre prosegue implacabile, con un numero impressionante di morti, forse più di diecimila, di cui almeno 4.200 bambini.
Per la prima volta, dietro le quinte, si è parlato della disponibilità del premier a un primo incontro con i familiari lunedì 20 novembre. Dovrà rispondere a chi pretende la liberazione dei familiari subito, non tra un altro mese di patimenti sotto le bombe o dopo la tanto proclamata eliminazione di Hamas. Per ora, Netanayu null’altro ha fatto che emettere un videomessaggio, dove rivolgendosi ai parenti dei prigionieri dichiara che ogni giorno è in marcia anche lui, con tutti loro.
Tutti gli ostaggi vanno liberati subito “a ogni costo”
Hamas però, nello stillicidio quotidiano delle informazioni non verificate da fonte indipendente, di tanto in tanto fa sapere che le bombe hanno ucciso un ostaggio. Non si sa chi, non si sa se è vero, mentre l’angoscia sale alle stelle. C’è chi ha sette parenti in quei cunicoli sotterranei, prigionieri di un movimento spietato e ben organizzato, dimostratosi pronto, il 7 ottobre, a uccidere nei modi più efferati 1.400 israeliani. Perciò molti familiari vogliono le dimissioni di Netanyahu subito, non dopo la fine della guerra. Subito, perché non sta dimostrando alcun impegno per salvare i prigionieri. Anzi, l’unico linguaggio dello Stato ebraico sono gli attacchi aerei, che di Gaza stanno facendo un’imponente fossa comune.
Non è apprezzato per niente, Netanyahu. L’80% dei suoi concittadini vuole le sue dimissioni, perché non ha saputo garantire sicurezza alla popolazione il 7 ottobre e, agli ostaggi, nemmeno dopo. Ospite di un miliardario, il premier oltre a ciò è da tempo sotto inchiesta per corruzione. Ci sono state casse di champagne rosé e sigari per lui, 74 anni, e la moglie Sara. Li ha donati il produttore di Hollywood Arnon Milchan e i magistrati vogliono far luce. E ora anche i cittadini vogliono risultati diversi dai bombardamenti, vogliono riabbracciare i loro parenti, che rischiano la vita da più di un mese senza aver alcuna colpa.