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Spettacolo

Il logo dei Rolling Stones affonda le sue radici nella mitologia indiana

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fede Cirone

Avresti mai detto che la lingua rossa più spregiudicata e famosa del mondo deriva da una divinità indù? Parola di Mick Jagger 

Nel 1971, faceva il suo debutto il celebre logo della bocca con la linguaccia dei Rolling Stones, un’icona che non solo contribuì al successo di una delle più grandi rock band di sempre, ma che divenne uno dei marchi più iconici nella storia di questo genere musicale. E dopo oltre 50 anni, tale simbolo conserva una potenza e una forza evocativa senza eguali.

Era il 26 marzo 1971 quando, al Marquee Club di Londra, gli ospiti del concerto dei Rolling Stones furono per la prima volta accolta dall’iconica bocca con la linguaccia. Questo evento segnò il ritorno della band in un tour del Regno Unito dopo quasi cinque anni: si trattava di un saluto ironico alla loro terra d’origine, nel così detto “Good-Bye Britain Tour”. E proprio l’ultima tappa si tenne nel club londinese, dove i pass VIP furono decorati appubnto con la linguaccia disegnata per l’occasione da John Pasche. Il logo, creato quasi per un gioco provocatorio, si rivelò così potente da oltrepassare la popolarità dei Rolling Stones, diventando un marchio distintivo indossato da tutti, persino da coloro che oggi potrebbero non conoscere Mick Jagger e Keith Richards.

Ma a cosa si deve questa intuizione: perché la band destinata a diventare uno dei capisaldi del rock mondiale ha deciso di rendere la linguaccia rossa il suo marchio distintivo? Quale significato nasconde il logo più riprodotto di sempre? Per scoprirlo, bisogna scavare nelle più antiche tradizioni indiane, risalendo alla conturbante immagine della dea Kali.

Mick Jagger e la cultura indù

“Vidi un’immagine della dea Khali con la lingua fuori e quella lingua divenne il logo dei Rolling Stones”: parole di Mick Jagger, lo storico leader del gruppo, nel corso di una sua recente visita a Kolkata, in India.

Infatti, poco tempo fa, il front man dei Rolling Stones è tornato nella capitale del Bengala Occidentale dopo dieci anni, su invito di alcuni amici. Durante il suo soggiorno, ha rivelato qualche curiosità sul passato della band, compreso l’aneddoto secondo cui fu suo fratello maggiore, un viaggiatore abituale dell’India, a mostrargli l’immagine della dea Khali nel 1969. “Ho subito intuito che quella parte del corpo rossa e l’espressione irriverente sarebbero diventati un potente simbolo. Ho chiesto al designer John Pasche di adattarlo per noi”.

Mick Jagger scende da un aereo con il logo dei Rolling Stones | FACEBOOK @therollingstones

Kali, raffigurata in varie forme in tutta l’Asia meridionale e ora diffusa in molte parti del mondo, è spesso descritta come una divinità nera o blu, parzialmente o completamente nuda. La sua iconografia tradizionale la immortala con una lunga lingua penzolante, molteplici braccia, una gonna o cintura di braccia umane, una collana di teste decapitate e una testa recisa tenuta in una delle sue mani. È solitamente rappresentata in piedi, intenta a danzare sul suo compagno, il dio Shiva, che appare prostrato sotto di lei.

Ed è proprio quella lingua di fuori, che sarebbe diventata ispirazione per il logo dei Rolling Stones, a essere oggetto di dibattito tra gli storici e gli studiosi dell’induismo. Alcune interpretazioni suggeriscono che esprima sorpresa e imbarazzo nel calpestare Shiva. Tuttavia, l’associazione di Kali a una lingua lunga e penzolante ha radici antiche, che risalgono a una sua ancestrale antenata, nota con il nome di Orchessa Lingua Lunga, descritta come intenta a leccare le oblazioni nei testi sanscriti, i Brahmana.

Il mito della dea Kali

“Spaventosa alla vista, la sua risata scopre denti terribili. Lei è in piedi sopra un cadavere. Ha quattro braccia. Le sue mani tengono una spada e una testa mozzata, fanno il gesto di allontanare la paura e di donare. Lei è la dea benefica del sonno, compagna di Shiva. Nuda, vestita di spazio, la dea risplende nel suo colore nero. La lingua pende fuori dalla bocca. Porta una collana di teschi. Questa è la degna forma della potenza del tempo, Kali, su cui meditare.”

Secondo il credo indù, Kali, il cui nome in sanscrito significa “colei che è nera” o “colei che è la morte”, è la dea del tempo, del giorno del giudizio e della morte, conosciuta anche come la dea nera (forma femminile di “kala” in sanscrito, che significa “giorno del giudizio universale-morte” o “nero”). In India, è spesso chiamata Maa Kali. Le radici di questa conturbante divinità femminile affondano nelle culture tribali e montane dell’Asia meridionale, gradualmente assimilate e trasformate dalle tradizioni sanscrite. Kali fa la sua prima apparizione significativa nel Devi Mahatmya (“Le glorificazioni della dea”), un antico testo filosofico in sanscrito risalente al VI secolo d.C. circa.

La Dea Kali | WIKI COMMONS

 

L’iconografia, il culto e la mitologia di Kali la associano comunemente non solo alla morte, ma anche alla sessualità, alla violenza e, paradossalmente, in alcune tradizioni successive, all’amore materno. Kali è venerata in tutta l’India, in particolare in regioni come il Kashmir, il Kerala, il sud dell’India, il Bengala e l’Assam. Dal tardo XX secolo, studiosi e scrittori femministi negli Stati Uniti hanno interpretato tale divinità come un simbolo dell’emancipazione femminile. Allo stesso tempo, i sostenitori dei movimenti New Age hanno trovato ispirazione, sia dal punto di vista teologico che sessuale, nelle manifestazioni più intense e violente della dea.

Tuttavia, la caratterizzazione di Kali sfugge alla tipica narrazione di stampo occidentale che vede il bene contrapporsi al male, dal momento che la sua figura trascende entrambe queste forze oppositive. Non a caso, uno dei significati del suo nome è “forza del tempo”, collocandola al di fuori dei vincoli dello spazio-tempo, senza qualità permanenti: esisteva prima della creazione dell’universo e persiste dopo la sua fine.

Le limitazioni del mondo fisico, come colore, luce, bene e male, non si applicano alla dea Kali. La dea è un simbolo della Madre Natura stessa: primordiale, creativa, nutriente e, al contempo, divoratrice, ma alla fine amorevole e benevola.  Nella meditazione tantrica, la duplice natura di Kali incoraggia i praticanti ad affrontare simultaneamente la bellezza della vita e la realtà della morte, riconoscendo che l’una non può esistere senza l’altra, cosi come riportato nel Mahanirvana-tantra:

“Alla dissoluzione delle cose, è Kāla [il Tempo] che divorerà tutto, e in ragione di ciò, Egli è chiamato Mahākāla [uno dei nomi del Signore Shiva], e poiché Tu divori Mahakāla stesso, sei Tu che sei il Supremo Kālika Primordiale. Perché Tu divori Kāla, tu sei Kāli, la forma originale di tutte le cose, e poiché Tu sei l’Origine e la divoratrice di tutte le cose, Tu sei chiamata l’Adya [il Primordiale]. Riprendendo dopo la dissoluzione la tua stessa forma, oscura e senza dimensioni, tu sola rimani come uno, ineffabile e inconcepibile. Pur avendo una forma, tuttavia sei senza forma, senza inizio, multiforme regina del potere di Maya, Tu sei l’inizio di tutto, Creatrice, Protettrice e Distruttrice.”

 

fede Cirone

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