Nonostante non vi sia un pensiero unico in Israele, sembra che questo sia proprio l’obiettivo delle autorità
È passato più di un mese dal brutale attacco e massacro di civili israeliani condotto dai terroristi palestinesi di Hamas. Un episodio che ha provocato una vera e propria guerra e un ulteriore massacro di civili, questa volta palestinesi.
Sebbene la rabbia per quello che è successo il 7 ottobre sia quasi unanime nel Paese, in Israele sembra quasi che la compassione per le vittime “dall’altro lato della barricata” sia proibita. La forza dell’esercito israeliano è soverchiante e i bombardamenti stanno producendo molti morti tra i civili di Gaza. Ma se sei in Israele e non sei d’accordo con un massacro, potresti rischiare moltissimo.
Non si può nemmeno piangere un bambino morto
Fino ad un secondo prima della diffusione delle notizie in tutto il mondo relative al massacro di ebrei da parte di Hamas, la popolazione israeliana era particolarmente divisa. In molti contestavano lo stesso Netanyahu per la sua riforma della giustizia e per le sue idee politiche. Fino al 7 ottobre. Dopo gli attacchi sembra che l’intera popolazione si sia unita contro Hamas e i cittadini di Gaza. Ma in realtà non è così.
Sono numerosi i racconti di cittadini palestinesi e israeliani di Tel Aviv i quali temono di essere arrestati se dovessero parlare di ciò che pensano della guerra. Aida Touma-Suleiman, politica israeliana che aveva condannato gli attacchi di Hamas in Israele, ha affermato che le è stato impedito di provare empatia per i palestinesi di Gaza morti sotto i bombardamenti. “Non passeggio più con i miei nipoti – ha affermato – perché non voglio che si sappia che sono i miei nipoti”. Chiunque osi proferire parole di dissenso, o semplicemente di empatia nei confronti delle vittime della guerra corre il rischio di finire nella condanna di incitamento all’odio nei propri confronti. “Non possiamo nemmeno piangere un bambino palestinese che viene ucciso“.
Il governo israeliano, infatti, ha istituito una vera e propria task force incaricata di monitorare i discorsi di odio contro Israele, soprattutto sui social media. Sono stati in molti, infatti, ad essere stati arrestati per aver proferito parole giudicate ” pericolose” dal governo. Gli stessi giudici israeliani hanno affermato che si stratta di un atto “necessario”, viste le attuali condizioni di guerra in cui versa il Paese. Tuttavia, le voci di dissenso non sono state fermate del tutto. Nonostante il bavaglio del governo esistono proteste o comunque manifestazioni di contrarietà che vanno contro corrente rispetto all’attuale linea del governo di Tel Aviv.