“Reem, la ragazza dei rifugiati della Merkel” ora si scaglia contro Israele, un suo post antisemita ha causato un certo sgomento.
Rappresentava il simbolo dei rifugiati, ora diventa l’emblema di un processo di integrazione che di fatto non è mai avvenuto. Reem Sahwil è fuggita dalla sua terra all’età di 14 anni, in seguito allo scoppio del conflitto israelopalestinese del 2014. Ha dunque raggiunto l’Europa ed ha trovato rifugio in Germania, guidata all’epoca dalla cancelliera Angela Merkel. Le politiche interne in merito alle frequenti immigrazioni all’interno del confine provocarono un certo allarmismo tra i palestinesi giunti da Gaza per scampare alla morte. “Non tutti possono rimanere in Germania” – furono le parole del capo di stato tedesco.
Tali affermazioni toccarono profondamente la sensibilità di Reem, la quale scoppiò a piangere in diretta televisiva. La cancelliera si avvicinò alla bambina e tentò invano di consolarla. Il suo approccio venne percepito come freddo e distaccato. Le innumerevoli critiche convinsero la Merkel a porvi rimedio, per cui invitò la giovane Sahwil presso la Cancelleria di Berlino. Tre anni dopo Reem ottenne finalmente un permesso di soggiorno illimitato e la tanto agognata cittadinanza tedesca. Non nascose mai le sue opinioni in merito allo Stato di Israele: “La mia speranza è che prima o poi Israele non ci sia più” – dichiarazioni pronunciate quanto era ancora minorenne.
Reem, il post antisemita
Il pensiero di Reem non è mutato minimamente nel corso degli anni. “Quella terra non dovrebbe più essere chiamata Israele, ma piuttosto Palestina” – disse quasi un decennio fa. Ora la giovane Sahwil ribadisce la sua posizione condividendo un post che molti hanno percepito come antisemita. Lo slogan #freepalestine e #fromtherivertothesea è accompagnato ad una mappa geografica che riporta i confini originari della Palestina, una terra nella quale non c’è posto per gli ebrei e per Israele.
La dimostrazione, questa, di un processo di integrazione fallimentare, nel quale entrambi i popoli non concepiscono alcuna possibilità di convivenza. Israele nasce da un’iniziativa occidentale, che non ha tenuto minimamente in considerazione il pensiero di coloro che abitavano il territorio. Un flusso migratorio che ha invaso un’intera nazione, tanto da richiedere necessariamente la formazione di uno stato autonomo e indipendente.
“La mia patria è la Palestina, prima o poi mi trasferirò lì” – la speranza di Reem Sahwill. E mentre i suoi concittadini muoiono, la 23enne si trova a combattere contro gli utenti che, nel suo post, hanno visto razzismo, antisemitismo e discriminazione.