Senza elettricità, acqua e forniture mediche, la più grande struttura sanitaria dell’enclave è sul punto di non ritorno. I soldati di Israele intanto entrano nel Parlamento di Gaza City: “Hamas ha perso il controllo della Striscia”
Senza elettricità, acqua e forniture mediche, strette nella morsa dei combattimenti tra l’esercito israeliano e i miliziani di Hamas, le strutture sanitarie di Gaza sono sul punto di non ritorno. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno venti dei 35 ospedali presenti nell’enclave non sono più operativi. Quello di al-Shifa, il più grande della Striscia, è prossimo al collasso. Le immagini dei neonati prematuri fuori dalle incubatrici, ormai spente perché a corto di ossigeno, sono diventate virali sui social media tanto che ieri nella notte i soldati di Israele hanno consegnato 300 litri di carburante.
Una goccia nel mare, secondo il direttore dell’ospedale Mohammad Abu Salmiya: “Non sono sufficienti per far funzionare l’ospedale neanche per 30 minuti”. Ne servirebbero 600 litri ogni ora per alimentare i generatori, ha spiegato alla televisione Al Arabiya, ribadendo che la “situazione nell’ospedale è catastrofica”.
È una corsa contro il tempo. Due neonati sono già morti. La vita di feriti e malati è appesa a un filo. Al-Shifa è uno degli ospedali da giorni nel mirino dell’esercito di Tel Aviv, convinto che nei sotterranei si nasconda il comando centrale di Hamas, incluso Yahya Sinwar, ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre. Una versione smentita dai medici dell’ospedale, come il dottor Ahmed al-Mokhallalati, che assicura come nella struttura ci siano esclusivamente civili: “Solo pazienti, medici e altri civili rifugiati nell’ospedale. Qualcuno dovrebbe fermarli. Hanno bombardato i serbatoi e i pozzi dell’acqua, hanno bombardato anche la pompa dell’ossigeno”, spiega. “L’ospedale non è più un luogo sicuro per curare i pazienti”. Il presidente israeliano Isaac Herzog dal canto suo nega che Israele stia colpendo l’ospedale.
Oms: “L’ospedale di al-Shifa non funziona più”
Dopo tre giorni senza elettricità né acqua, l’ospedale nel nord della Striscia ormai “non funziona più come un ospedale“, scrive su X il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Tragicamente le morti tra i pazienti sono aumentate in modo significativo”.
Le sale operatorie “sono completamente fuori uso”, ha raccontato alla Cnn il direttore sanitario della struttura, Mohammad Abu Salmiya. “Quando i feriti vengono da noi non possiamo offrire altro che interventi di pronto soccorso“. E per cercare di tenere al caldo i bambini prematuri fuori dalle incubatrici, i medici li hanno “avvolti in fogli di alluminio” e adagiati sui letti accanto all’acqua calda.
“è quasi un cimitero”, gli ha fatto eco sulla Bbc Christian Lindmeier, portavoce dell’agenzia dell’Onu. La struttura non è più in grado di effettuare la dialisi renale per i 45 pazienti che ne hanno bisogno mentre attorno all’edificio “ci sono cadaveri di cui non ci si può occupare e che non possono nemmeno essere sepolti o portati in un obitorio”. Secondo Mohammed Zaqout, direttore degli ospedali di Gaza, all’interno del complesso restano circa 650 pazienti, 500 operatori sanitari e oltre 2.500 sfollati.
I medici: pronti a lasciare al-Shifa solo dopo i pazienti
I medici all’interno di al-Shifa si dicono “pronti a lasciare l’ospedale solo se i pazienti saranno evacuati per primi”, ha spiegato un chirurgo di Medici senza frontiere che è riuscito a mettersi in contatto con l’Ong. “Non possiamo lasciarli soli”. Secondo il medico all’interno della struttura i bambini sono 37 e alcuni hanno bisogno della terapia intensiva. Lo staff dell’ospedale chiede vie sicure per l’evacuazione. “Vogliamo garanzie per un corridoio” perché “quando abbiamo provato a mandare l’ambulanza a prendere i pazienti, il veicolo è stato attaccato”, spiega il chirurgo di Msf. “Se ci daranno garanzie e faranno evacuare prima i pazienti, noi lasceremo l’ospedale”, ribadisce.
Onu: “Nessuna giustificazione per attacchi a ospedali”
“Niente giustifica atti di guerra contro strutture sanitarie”, ha ammonito il responsabile degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite Martin Griffiths. La Croce Rossa si è detta “scioccata per le notizie” che arrivano dal nord di Gaza, mentre Oxfam ha parlato di “crimini di guerra”.
Anche dalla Casa Bianca è arrivato un invito alla moderazione. “Abbiamo detto al governo israeliano che non vogliamo vedere scontri a fuoco negli ospedali” e che “devono essere protetti e in grado di funzionare in modo efficiente”, ha riferito il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan.
Il premier israeliana Benjamin Netanyahu però non pare intenzionato a indietreggiare. “Nessuna pressione internazionale ci fermerà” fino a quando Hamas non verrà “sradicata”. Intanto per favorire l’esodo della popolazione verso il sud dell’enclave, anche oggi Israele ha tenuto aperto per quattro ore un corridoio umanitario lungo la strada Salah ad Din, la lunga arteria che taglia la Striscia. Per lo stesso motivo ha annunciato uno stop alle operazioni militari sul campo profughi di Jabalya, dove secondo l’esercito si troverebbero miliziani di Hamas. In tre giorni sono evacuate circa 200mila persone, stimano i militari.
Onu: in 48 ore stop azioni umanitarie a Gaza
In un quadro simile anche le Nazioni Unite non sono più in grado di garantire la prosecuzione delle attività a Gaza. Se non verrà consentito l’ingresso nella Striscia di carburante, le operazioni umanitarie a Gaza “cesseranno entro 48 ore”, ha avvertito Thomas White, il capo dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, a Gaza. Come se non bastasse, a causa della mancanza di carburante per i camion, da domani l’agenzia non sarà in grado di ricevere gli aiuti umanitari in arrivo dal valico di Rafah.
Le vittime: oltre 11.300 morti, 4.600 bambini
Complici i bombardamenti incessanti, il bilancio delle vittime è salito a 11.360, inclusi oltre 4.600 bambini e 3.100 donne, secondo le stime del ministero della Sanità di Gaza. Il numero dei feriti invece ha raggiunto quota 28mila. Gli sfollati interni sono ormai oltre 1,5 milioni.
Soldati israeliani nel Parlamento di Gaza City
Intanto l’offensiva dell’esercito israeliano prosegue arrivando fino al cuore di Gaza City. Come mostra una foto condivisa su X, questa sera i soldati della brigata Golani sono entrati con le bandiere con la stella di David nel Parlamento della città. “Hamas ha perso il controllo” della Striscia, ha detto il ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant.