Gaza, i bambini sotto assedio

La guerra a Gaza sembra concentrata nel ristretto perimetro degli ospedali, un fronte che non avrebbe mai dovuto essere aperto.

Sono 242 gli ostaggi di Hamas, 33 di questi sono bambini. Rimane indefinito il numero di quelli in mano ad Israele ma non sorprenderebbe se il numero di bambini e malati palestinesi dovrebbe essere moltiplicato, in quel macabro rapporto tra le vittime dell’osceno eccidio dell’8 Ottobre e la spietata rappresaglia di Israele, da uno a 10. Più o meno la matematica dei dominatori al tempo di guerra.

Bambini a Gaza
Gaza, i bambini sotto assedio-Credit ANSA-Rationalinternational.net

 

E quelli che vengono in mente non hanno cognomi arabi ma germanici, piaccia o meno. E’ questa la logica di Israele in questi giorni di nebbia e buio. Il fronte strategico è nell’inafferrabile distesa dei tunnel, dove Hamas e l’esercito israeliano si preparano al peggio, quasi auspicando accada, da parte palestinese, negando la realtà e parlando di vittoria già in tasca, da parte israeliana, come un qualsiasi Zelensky che sognava di accendersi una sigaretta mettendo gli stivali sul tavolo del Cremlino, qualche mese fa. Ecco, il vero fronte è lì. Due follie al confronto e migliaia di buchi nel terreno.

Ospedali come un campo di battaglia

L’altro fronte è quello della rappresentazione estrema, in cui Israele si è colpevolmente lasciata trascinare: gli ospedali. Un punto nevralgico che è fragilità messa alla prova, porto franco, rifugio e luogo dove le persone disperse possono ritrovarsi, in una terra dove la metà degli edifici è venuto giù portando via ogni cosa, persone e storie. Gli ostaggi di Israele sono lì, a centinaia, senza nulla di quella minima sussistenza che rende quei luoghi possibilità si salvezza. Luce, acqua, medicine, elettricità. Via tutto, dice Israele, perché ci sono animali da braccare, nascosti lì dentro.

bambini feriti a Gaza
Tanti bambini sono feriti a Gaza-Credit ANSA-Rationalinternational.net

 

E quando il punto nevralgico diventa un crocevia di caducità, male interpretate da ipotesi e incertezze ecco che presto accade l’irreparabile, con gli ospedali, proprio loro, che diventano l’obiettivo, per scelta o per caso. E’ proprio in questo scenario –  quali siano le colpe degli uno o degli altri districabili in questo groviglio di resistenza e vendetta  – che Israele ha compromesso la propria immagine agli occhi del mondo. Il ruolo della vittima – sapientemente interpretato, anche quando ha continuato con l’oscena ripetitività di un assassino seriale, o se preferite un cleptomane, a sottrarre sistematicamente territori alla Cisgiordania – non regge dinanzi all’evidenza di una reazione sproporzionata, benché immenso è il torto subito e infinto il dolore provocato da Hamas.

Ma la sola democrazia del Medio Oriente, come Israele ha narrato sé stessa, non poteva concedersi questo. La presunzione di superiorità culturale – quando non etnica – impone delle rinunce. Tra queste il codice della vendetta. Molto caro al popolo della Bibbia. Un retaggio che in questi giorni Israele non esita ad ostentare, anche con l’assurdo assedio agli ospedali. Come se la vittoria su Hamas passasse di lì. Persa la faccia, l’ufficio pubbliche relazioni di questo eccidio parla ora di corridoi umanitari, evacuazione dei malati, protezione e soccorso. Troppo tardi, e tardivamente ipocrita. Gli ospedali saranno presi e distrutti alla fine, uno per uno. La conta dei morti continuerà. E i sopravvissuti ricorderanno.

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