Israele dopo il 7 ottobre ha perso la testa, scatenando la propria furia omicida contro Hamas e tutta Gaza. Ma il bersaglio è soprattutto uno
Le piazze europee, come in tutto il mondo, protestano contro lo sterminio dei civili innocenti e soprattutto dei bambini di Gaza. I governi persistono invece nella loro retorica filo-israeliana, diventata una sorta di metafisica che si autogiustifica, indifferente a più di un mese di bombardamenti su Gaza. Nessuna guerra è mai stata così feroce nei confronti dei bambini e dei ragazzi, dall’attacco di Hamas del 7 ottobre agli attacchi aerei israeliani. Il portavoce dell’esercito di Tel Aviv, Richard Hecht, è comunque convinto che il volto del male sia solo quello di Yahya Siwar. E’ il capo di Hamas, già battezzato dagli stessi palestinesi “macellaio di Khan Yunis”. Rieletto alla testa di Hamas comunque nel 2021.
Khan Yunis è la città palestinese teatro di un massacro avvenuto il 3 novembre 1956. Le autorità israeliane hanno negato che ci sia stata una strage, invece il libro The fateful triangle di Noam Chomsky ne parla, citando il giornalista statunitense Donald Neff. Fu lui a raccontare un rastrellamento di fedayeen, con 275 morti palestinesi cercati casa per casa dai soldati israeliani. Il 15 dicembre del ’56, in un’assemblea generale delle Onu, toccò al direttore generale dell’Unrwa (agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi) fare una relazione sugli eventi di quel periodo, durante la crisi di Suez. Ed è apparso un elenco, considerato credibile, di 275 persone giustiziate quel giorno.
Figlio di una storia di stragi ha terrorizzato Israele
Sei anni dopo, nel ’62, a Khan Yunis nasceva Yahya Sinwar. Verrà arrestato per il prima volta all’età di 20 anni e sarà ben presto protagonista di delitti e omicidi, riuscendo sempre però a tornare in libertà. Ha partecipato alla fondazione del Movimento per la liberazione della Palestina, nell’87. E’ il nemico pubblico numero uno, per Tel Aviv, perché viene considerato la mente dell’ecatombe del 7 ottobre, ancora più grave di quello di cui Sinwar ha sentito parlare da bambino. Una tale carneficina, da cancellare il mito dell’invincibilità di Israele.
Lo Stato ebraico perciò lo vuole morto e lo definisce per bocca di Richard Hect un piccolo Hitler, un Osama bin Laden, un morto che cammina. Come se eliminato dalla faccia della terra potesse automaticamente iniziare un tempo di pace e il dolore dei familiari delle 1.400 vittime del 7 ottobre venisse consolato dalla vendetta. E così le forze israeliane vogliono stanarlo a tutti i costi, per dimostrare la propria superiorità sul nemico e ristabilire la deterrenza, tornando a far paura.
Gli dei della guerra hanno ancora sete di sangue
Ma è un piano veramente vincente? Sinwar, da quanto si sa, potrebbe essere nascosto in un tunnel sotterraneo che si trova sotto l’ospedale al-Shifa, che ha un reparto pediatrico. Davvero i vertici di Tel Aviv intendono bombardare l’ospedale, pur di sopprimere il loro piccolo Hitler? E’ quanto molti si chiedono, nel timore che Israele riesca ad eccitare nuovo odio contro di sé. Infatti, se un’azione di guerra deve avere un significato comprensibile per l’opinione pubblica, stabilire cioè un equilibrio stabile a proprio vantaggio, non si vede quando mai in questo modo tornerà l’equilibrio e quindi la pace, per chiamarla così.
In che modo Israele può dare la sensazione di aver vinto la guerra contro Hamas, ponendo fine a un’immensa strage di civili inermi, oltre 10mila, la metà dei quali sono bambini? E dire che lo Stato ebraico ha ospitato nelle sue galere per 23 anni l’uomo che ora vuol vedere ridotto a un corpo inerte. Sinwar infatti è stato arrestato per la seconda volta nel 1988, con quattro ergastoli da scontare. Aveva ucciso due soldati israeliani e comandato l’uccisione di quattro palestinesi accusati di collaborazionismo.
Uno dei motivi della forza di Tel Aviv risiede nella capacità di corrompere i nemici, e il leader di Hamas ha combattuto col pugno di ferro la corruzione. La sua vita, ancora nel 2011, poteva esser messa sulla bilancia di uno scambio di prigionieri. Il soldato Shalit, sequestrato dai palestinesi, venne restituito al suo Paese in cambio di 1027 carcerati palestinesi, tra i quali Sinwar. Ora Israele, oltre a lui, vuole uccidere tutti i suoi uomini, come se nessuno, poi, fosse pronto a vendicarli.