I giornalisti sapevano, dice Israele

Le immagini dell’attentato terroristico del 7 ottobre hanno invaso le bacheche online: la presenza dei fotoreporter insospettisce Israele.

Prove di crudeltà ed inumanità, sfogate su cittadini indifesi. Uomini, donne e bambini torturati, massacrati, uccisi all’interno delle mura domestiche. Il loro rifugio divenuto così una prigione, una condanna a morte. Le immagini dell’attentato del 7 ottobre hanno invaso i social network, fomentando paura e odio nei confronti dei terroristi di Hamas. Una guerra combattuta tanto nel mondo reale, quanto in quello virtuale. Eppure, a posteriori, qualcosa non convince il popolo israeliano.

I giornalisti conoscevano il destino delle vittime di Hamas
I giornalisti conoscevano il destino delle vittime di Hamas, l’accusa da parte di Israele – foto: ansa – rationalinternational.net

Il giorno dell’attentato, un tranquillo sabato mattina e la presenza invadente di sei fotoreporter – Hassan Eslaiah, Yousef Masound, Ali Mahmud, Hatem Ali, Mohammed Fayq Abu Mustafa e Yasser Qudih – giunti presso i kibbutz al confine con la Striscia di Gaza per motivi tutt’oggi ignoti. Un tempismo perfetto, considerando che alle prime luci dell’alba i miliziani nemici hanno attuato un piano di distruzione studiato a tavolino mesi prima. “Era tutto coordinato con Hamas?” – si chiede il sito Honest Reporting. Alcuni scatti incalzano i sei giornalisti, alimentando diverse tesi complottistiche in merito alla strage.

Tempismo perfetto, forse troppo

Immagini diffuse da alcune delle più importanti agenzie di stampa: da Associated Press alla Cnn, fino ad arrivare a Reuters. Sei fotoreporter hanno così vissuto la tragedia in prima persona, assistendo al rapimento e alla morte di migliaia di israeliani. Alcune foto ritraggono i sei protagonisti senza giubbotto antiproiettile o elmetto, totalmente indisturbati ed impegnati a riprendere le scene più cruente con la fidata macchina digitale. Honest Reporting, dichiaratamente pro-Israele, ha poi diffuso una prova che incalza uno dei sei: Hassan Eslaiah, che da anni collabora come inviato israeliano ed internazionale, e il suo dolce selfie con il leader di Hamas, Sinwar.

Fotoreporter insieme al leader di Hamas
Lo scatto ritrae un fotoreporter palestinese insieme al leader di Hamas, Sinwar – foto: ansa – rationalinternational.net

“Se ci fossero giornalisti che sapevano del massacro” – ha sentenziato Benny Gantz, ex capo di stato maggiore e membro del gabinetto di guerra israeliano – “non sarebbero diversi dai terroristi e la loro punizione sarebbe severa”. Laddove fossero coscienti dell’attentato imminente, avrebbero potuto avvisare le autorità e prevenire la catastrofe. Una scelta che infine si è ritorta contro i “fortunati” fotoreporter come un effetto boomerang.

Associated Press, Cnn e Reuters hanno espresso pubblicamente la loro estraneità in merito all’accaduto, confermando dunque lo stop di qualsiasi tipo di collaborazione con i sei giornalisti. Nel frattempo il direttore dell’ufficio stampa del governo israeliano, Nitzan Chen, ha sottolineato come il loro comportamento superi “ogni linea rossa, professionale e morale”. Accettare di essere spettatori della morte, per poterne guadagnare in termini di denaro. Un concetto dalla quale molti dei professionisti internazionali si sono totalmente dissociati.

 

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