Continuano le difficoltà di un popolo ormai martoriato. I pesanti bombardamenti rendono difficile persino contare i morti.
Dopo più di un mese di guerra tra Israele e l’organizzazione terroristica di Hamas, i raid aerei e i bombardamenti sulla Striscia di Gaza non si sono affatto palcati.
Intanto sono migliaia le persone che stanno abbandonando la città di Gaza e continuano il loro esodo verso Sud. Ma non è affatto facile e i razzi e i missili continuano a prendere di mira anche i civili. Una situazione sempre più difficile che non permettono nemmeno di contare i morti.
Sono migliaia i civili palestinesi che, dopo aver subito i violenti e sanguinosi bombardamenti dell’esercito israeliano, stanno cercando di abbandonare la città di Gaza e dirigersi a Sud, verso il valico di Rafah. Dunque nelle ultime ore è partita l’ennesima carovana di civili che, disperati, si sono incamminati lungo la strada principale che da Gaza porta verso l’Egitto, Salah al-Din. Un vero e proprio esodo della disperazione, tra la paura dei bombardamenti e le difficoltà dovute al caldo, alla paura e alla mancanza di cibo e acqua. Sulla strada si vede un fila chilometrica di uomini, anime disperate che, armate solo di bandiere banche in segno di resa, cercano di raggiungere un luogo sicuro.
I racconti di chi anche in questo momento è ancora in cammino mettono i brividi. C’è chi racconta di aver visto persone senza vita lungo la strada, tantissime. Migliaia di persone costrette a camminare attraverso un vero e proprio cimitero a cielo aperto (forse il più grande del mondo attualmente, insieme a quello ucraino). Resti umani che affondano nella terra, carcasse di auto e camion, e carri armati israeliani intatti.
Una ragazza racconta che la lunga fila di civili ha dovuto camminare accanto ai carri armati israeliani, i mezzi del “nemico”. I soldati, continua la donna, controllano tutto e tutti Intimano a chi è sospetto di gettare via i vestiti e buttare i propri averi. Non è permesso nemmeno portare l’acqua se per i militari sei un sospetto terrorista. I bambini piangono, hanno sete e non hanno ancora ben compreso quale sia il motivo di tale disperazione. Una condizione che probabilmente li farà crescere con una sola convinzione: imbracciare un fucile. Nulla sta cambiando nella Striscia di Gaza tranne che ora è difficile anche contare il numero di morti.
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