Adeguamento annuale anticipato a dicembre 2023 e tagli alle pensioni più alte in vista per il 2024
Le pensioni in Italia stanno vivendo importanti cambiamenti. Nel 2023, l’adeguamento annuale alle pensioni in base all’inflazione è stato anticipato a dicembre, con aumenti variabili in base al reddito. Inoltre, nel 2024, è previsto un taglio per le pensioni più elevate, cercando di contenere la crescente spesa pensionistica del paese.
Questi cambiamenti stanno influenzando direttamente gli assegni pensionistici, con variazioni significative in arrivo per pensionati di diverse fasce di reddito.
Novità dei prossimi mesi
Le prossime modifiche al sistema delle pensioni promettono un’ampia gamma di cambiamenti significativi, con impatti diversi a seconda del reddito dei pensionati.
Nel decreto fiscale 145 del 2023, è previsto un conguaglio anticipato per l’adeguamento delle pensioni all’inflazione di dicembre.
Mentre la manovra per il 2024 introdurrà tagli alla rivalutazione delle pensioni più elevate.
Il decreto Anticipi per il caro vita
Il decreto “Anticipi”, approvato dal Governo il 16 ottobre 2023, ha stabilito l’anticipo del conguaglio relativo all’adeguamento delle pensioni all’inflazione per il mese di novembre, anziché il consueto gennaio dell’anno successivo in cui l’INPS solitamente effettua questa operazione.
Questo adeguamento è legato all’aumento dei costi della vita, che quest’anno è stato notevolmente superiore alle aspettative, con un impatto finanziario previsto di oltre 2 miliardi di euro nel 2023 e oltre 560 milioni nel 2024.
Chi subirà una rivalutazione?
Il testo definitivo del decreto legge ha fissato l’aggiornamento a dicembre, includendo tutti i mesi del 2023, compresa la tredicesima.
Tuttavia, è importante notare che l’attuale normativa prevede una rivalutazione completa del 100% (rispetto allo 0,8% di aumento previsto) solo per le pensioni fino a quattro volte il minimo, con una diminuzione progressiva al crescere dell’importo delle pensioni.
Le fasce di rivalutazione includono:
- Pensioni fino a 4 volte il minimo: rivalutazione del 100% (0,8%)
- Pensioni da 4 a 5 volte il minimo: rivalutazione dell’85% (0,68%)
- Pensioni da 5 a 6 volte il minimo: rivalutazione del 53% (0,42%)
- Pensioni da 6 a 8 volte il minimo: rivalutazione del 47% (0,37%)
- Pensioni da 8 a 10 volte il minimo: rivalutazione del 37% (0,29)
- Pensioni oltre 10 volte il minimo: rivalutazione del 32% (0,25)
Gli aumenti previsti
I pensionati riceveranno quindi aumenti differenti in base al livello della loro pensione.
Gli importi mensili e totali indicativi degli aumenti varieranno in base all’importo dell’assegno pensionistico. Ad esempio:
- Assegno pensione di 1.000 euro: aumento di 8 euro (104 euro complessivi a dicembre)
- Assegno pensione di 1.500 euro: aumento di 12 euro (156 euro complessivi a dicembre)
- Assegno pensione di 2.500 euro: aumento di 17 euro (221 euro complessivi a dicembre)
- Assegno pensione da 3.000 euro: aumento di 12,72 euro (152,74 euro complessivi a dicembre)
- Assegno pensione da 5.500 euro: aumento di 13,75 euro (165 euro complessivi a dicembre)
Da notare che i pensionati riceveranno solo la quota mensile dell’8,1% dell’incremento totale nei loro assegni di gennaio, senza il conguaglio relativo ai 12 mesi.
I tagli previsti per il 2024
Tuttavia, c’è una modifica significativa in vista per il 2024. Nel progetto di Legge di Bilancio 2024, attualmente in fase di discussione parlamentare, è stata inclusa una norma che modifica le percentuali di rivalutazione delle pensioni, con un taglio che colpirà soprattutto le fasce più elevate di reddito.
Questa mossa è una risposta alla crescente spesa pensionistica in Italia, che sta raggiungendo la cifra di 361,24 miliardi di euro, dovuta non solo all’inflazione ma anche all’aumento dell’aspettativa di vita che prolunga la durata dei pagamenti.
Una rivalutazione profonda
Nel dettaglio, l’articolo 29 della bozza di legge di bilancio prevede che i pensionati che percepiscono oltre 5.253 euro lordi subiranno nel 2024 una rivalutazione ridotta, pari al 22% anziché al 32% basato sul valore calcolato dall’ISTAT nell’anno precedente.
Questa misura mira a contenere la crescita della spesa pensionistica, pur tenendo conto delle fasce di reddito e dell’inflazione.