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Politica

Riforma Fornero, il governo non la lascia ma raddoppia

Published by
Giulia De Sanctis

Pensioni, nella legge di Bilancio una riedizione della riforma Fornero. Andare in pensione diventa più complicato nel 2024

Con la legge di Bilancio 2024 non solo il governo ha cancellato la riforma Fornero, obiettivo che viene proclamato da anni da una parte della maggioranza, ma ha persino reso più complicato l’accesso alla pensione rispetto al 2023.

Con questa manovra viene quindi attuata una sorta di Fornero mini, che lascerà senza alternativa al pensionamento molte persone che, nel caso in cui fossero stati mantenuti i requisiti attuali, avrebbero potuto lasciare il lavoro nel 2024.

Riforma Fornero eliminata, tutti i peggioramenti attuati

Dei nuovi esodati quindi, come quelli che per qualche mese non potranno accedere a Quota 103 che nel 2024 si trasforma in Quota 104, come pure chi non ha maturato i requisiti per l’accesso all’Ape Sociale che il prossimo anno verrà rivista con un aumento dei contributi richiesti.

Pagamento pensioni, le novità (rationalinternational.net)

 

Una riforma che a quanto pare era necessaria, viste le poche risorse a disposizione con la legge di Bilancio 2024, di cui tra l’altro una parte sono state recuperate tagliando nuovamente la rivalutazione per gli assegni il cui importo non supera di 5 volte il trattamento minimo, ma che lascia comunque interdetti visto che ad attuarla è stata quella parte di politica che sulla riforma delle pensioni ha puntato buona parte del suo successo elettorale.

Ma davvero la riforma delle pensioni è così negativa come sembra? Dalle ultime indiscrezioni sembra essere davvero così e le ragioni sono diverse:

  • Quota 103 passa a Quota 104, permettendo l’uscita anticipata con 41 anni di contributi solo a chi ha compiuto i 63 anni di età.Inoltre, sembra che oltre all’incentivo per coloro che scelgono di restare al lavoro pur avendo maturato questi requisiti, ci sarà anche una penalizzazione per chi invece decide di anticipare l’accesso alla pensione, rappresentando così un disincentivo alle uscite anticipate;
  • l’Ape sociale viene mantenuta, ma se fino a oggi erano sufficienti 30 anni di contributi per smettere di lavorare a 63 anni, dal prossimo anno ne serviranno 36;
  • Opzione Donna viene cancellata definitivamente e il suo assorbimento nell’Ape Sociale non sarà comunque sufficiente visto che in tal caso si potrà sì andare in pensione con 35 anni di contributi, ma solo al compimento dei 63 anni di età (mentre fino al 2022 con Opzione donna ne erano sufficienti 58).
  • possibilità che la finestra mobile trimestrale prevista per l’accesso alla pensione anticipata diventi semestrale, ritardando così di 3 mesi l’arrivo dell’assegno.
  • addio al contratto di espansione, la misura rivolta alle aziende con almeno 50 dipendenti che consentiva alle aziende di favorire il ricambio generazionale facendosi carico dei costi per il pensionamento anticipato dei loro dipendenti. Le ultime notizie ci dicono che al momento una sua conferma per il 2024 non è nei programmi del governo.

A ciò si aggiunge poi il taglio alla rivalutazione, con i pensionati che prendono un assegno superiore alle 5 volte il trattamento minimo che dovrebbero subire un ricalcolo della pensione, sulla base del costo della vita, meno favorevole rispetto a quello solitamente previsto dalla legge. Una stretta che arriva dopo quella già effettuata lo scorso anno che ha permesso al governo di recuperare – insieme alle altre novità sul fronte pensioni – circa 2,7 miliardi di euro.

Va detto che per quanto il piatto tenda dalla parte delle novità peggiorative, ci sono anche delle buone notizie per i pensionati.

Ad esempio la conferma dell’aumento delle pensioni minime, il che permetterà agli assegni di salire abbondantemente sopra i 600 euro (complice anche la rivalutazione), come pure l’addio al requisito economico per l’accesso alla pensione di vecchiaia fino a oggi richiesto ai contributivi puri: nel 2024 anche chi non ha contributi maturati prima dell’1 gennaio 1996 potrà andare in pensione a 67 anni di età e 20 anni di contributi senza doversi preoccupare del fatto che l’importo dell’assegno abbia raggiunto un valore pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.

Giulia De Sanctis

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