Una spiegazione sui nuovi requisiti dell’Opzione Donna, che entreranno in vigore a partire dal 1 ° gennaio 2024, come stabilito dalla legge di Bilancio.
La situazione dell’Opzione Donna peggiora ulteriormente, con sempre meno lavoratrici in grado di accedervi nel 2024 rispetto a quelle che ne hanno usufruito nel 2023. La legge di Bilancio 2024, in una bozza aggiornata al 24 ottobre 2023, sancisce la conferma dell’Opzione Donna ma alza l’età minima richiesta, mantenendo inoltre la limitazione secondo la quale solo le lavoratrici di alcune categorie, quelle che necessitano di maggiore protezione, possono beneficiarne.
Il governo non solo non è riuscito a realizzare la tanto sperata riforma per Opzione Donna che rimandasse al passato, ma è anche riuscito a rendere ancora più severe le norme per l’accesso alla pensione anticipata, riducendo il numero di lavoratrici che vi possono accedere e mantenendo le disparità previste dalla manovra dell’anno precedente.
In base alle modifiche apportate dalla legge di Bilancio, vediamo come si evolverà l’Opzione Donna nel 2024 e quali lavoratrici ne potranno beneficiare.
L’età anagrafica per l’Opzione Donna 2024 subirà delle variazioni
Come vedremo, l’unica modifica rispetto all’anno precedente, che purtroppo non è positiva, riguarda l’età pensionabile. Ora, per poter andare in pensione anticipatamente, avere 60 anni non sarà più sufficiente; occorrerà avere 61 anni, tuttavia, si può diminuire questo limite di un anno per ogni figlio fino a un limite inferiore di 59 anni. Questo esclude di fatto le donne nate nel 1963 senza figli, quelle nate nel 1964 con un solo figlio e quelle nate nel 1965 con due o più figli.
Nessun cambiamento è previsto anche per i contributi: per andare in pensione con Opzione Donna, anche nel 2024 è necessario un minimo di 35 anni di versamenti.
Il punto delicato è questo: anche per il 2024, l’Opzione Donna rimane un’opzione esclusiva per coloro che appartengono a una delle categorie previamente stabilite dal precedente disegno di legge di Bilancio.
- caregiver, cioè coloro che supportano, all’atto della presentazione della richiesta di pensione e da non meno di 6 mesi, se un coniuge, un componente di un’unione civile o un familiare di primo grado, che sono affetti da una disabilità severa ai sensi dell’articolo 3, comma 3, legge 1992/104, convive con la persona in questione, o se un parente o un affine di secondo grado convive con la persona nel caso in cui i genitori, il coniuge o il partner civile della persona disabile grave abbiano raggiunto l’età di 70 anni o siano anch’essi sofferenti di malattie invalidanti, o siano deceduti o mancanti.
- Individui con disabilità che presentano una diminuzione della loro capacità di lavoro, confermata dalle commissioni per la validazione dell’invalidità civile, pari o superiore al 74%.
- Le lavoratrici che sono impiegate o state licenziate da aziende che stanno affrontando una crisi, e per questo sono coinvolte in un dibattito volto alla gestione della crisi stessa presso un’entity che si occupa di crisi aziendali, come previsto dall’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il dibattito in questione deve essere in corso al 1° gennaio 2023 o deve essere stato avviato dopo tale data. La possibilità di usufruire di Opzione Donna resta intatta in questo ultimo caso, considerando che l’età di 59 anni è l’unico requisito, a prescindere dal conteggio dei figli a carico.
Tuttavia, si deve evitare di cadere nell’equivoco che tutte le donne lavoratrici salariate o licenziate possono far uso di Opzione Donna. La necessità di un confronto per affrontare la crisi d’impresa permette solo alle lavoratrici di grandi aziende di avvalersi di quest’opzione, escludendo quindi la maggioranza di quelle che lavorano in piccole o medie imprese.
La legge di Bilancio 2024 ha esteso la scadenza per adempiere ai requisiti necessari per accedere a Opzione Donna. Ora, si ha tempo fino al 31 dicembre 2023 per raggiungere i criteri necessari.
Le condizioni per accedere all’Opzione Donna rimangono invariate tramite le finestre mobili. Pertanto, la pensione viene attivata 12 mesi dopo che sono stati soddisfatti i requisiti, nel caso in cui la pensione sia calcolata in base ai sistemi di previdenza sociale per i lavoratori salariati.
Nel caso in cui le gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi si facciano carico della liquidazione del trattamento, ciò avverrà a 18 mesi dalla data in cui vengono raggiunti i requisiti.
La penalità in uscita per coloro che si avvalgono dell’Opzione Donna è stata confermata. Indipendentemente dal fatto che soddisfino i requisiti per la pensione anticipata, le persone che rientrano in queste categorie devono accettare che i contributi accreditati sotto il regime retributivo vengano convertiti in pensione secondo le norme del contributivo. Questo ricalcolo implicherà inevitabilmente una riduzione dell’assegno pensionistico.
Pensioni anticipate 2024: le altre opzioni
Vi sono anche altre modalità per avvalersi di una pensione anticipata, vediamole di seguito.
La previsione della QUOTA 104 per la pensione anticipata include l’età di 63 anni e 41 anni di contributi, mantenendo i benefici fiscali attuali per coloro che, pur avendo i requisiti necessari, optano per rimanere al lavoro. Contemporaneamente, c’è una diminuzione del componente contributivo del reddito pensionistico.
Riguardo all’APE SOCIALE, per tutte le categorie svantaggiate che potrebbero beneficiarne, l’età richiesta aumenta da 63 anni a 63 anni e cinque mesi.
La finestra di uscita e l’aggiustamento alla speranza di vita sono stati ampliati: il periodo di attesa tra la maturazione del requisito e la pensione per il settore privato è passato da 3 a 6 mesi e per il settore pubblico da 6 a 9 mesi. Inoltre, a partire dal 2025, verrà ripristinato l’aggiustamento automatico dell’età pensionabile in base all’aspettativa di vita per le pensioni anticipate.
A partire dal 2024, la rivalutazione delle pensioni basata sull’ISTAT subirà una leggera diminuzione. Si sono stabilite nuove percentuali di adattamento automatico delle pensioni in base ai valori ISTAT, che saranno inferiori rispetto a quelli attuali, come segue:
- per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento;
- nella misura del 90 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS.
- nella misura del 53 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS.
- nella misura del 47 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS.
- nella misura del 37 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS.
- nella misura del 22 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS.