Comprendere le ragioni di un conflitto è sempre difficile, a volte basta far parlare le immagini: ecco alcuni film sulle vicende israelo-palestinese
Sulla guerra tra Israele e Palestina si stanno esprimendo in tanti. Voci di solidarietà, voci di condanna, voci di incitamento alla lotta, voci di esortazione alla pace. Si tratta di una delle ferite più grandi del Mondo contemporaneo, che si allarga sempre di più dalla seconda metà del secolo scorso. E che non sembra accennare a rimarginarsi.
Si potrebbe parlare a lungo delle ragioni e delle pretese di una o dell’altra parte in causa, soprattutto in relazione agli accadimenti delle ultime settimane. Le dinamiche tra Israele e Palestina, da sempre fragili, sono tornate al centro del dibattito internazionale, confermandosi come una delle pagine più brutte della storia dell’uomo. Perché in un conflitto non ci sono vincitori, ma sempre vinti. Pertanto, per aiutare anche solo un minimo a comprendere la storia, gli accadimenti e le impressioni che sono confluite negli episodi di guerra che vediamo ancora oggi sui notiziari, ecco una selezione di film – e un paio di serie tv – incentrate sul conflitto tra Israele e Palestina.
Un caposaldo della storia del cinema, Exodus è un film del 1960 diretto da Otto Preminger e basato sull’omonimo romanzo di Leon Uris, che narra le vicende della fondazione dello Stato di Israele e dell’insorgere delle tensioni tra ebrei e palestinesi. La trama ruota attorno alla nave Exodus 1947, che trasportava sopravvissuti dell’Olocausto in cerca di rifugio in Palestina, allora sotto il mandato britannico. Il film segue le vite dei sopravvissuti, i primi coloni che cercano di stabilirsi nei kibbutz, e dei gruppi armati ebrei che lottano per l’indipendenza. Exodus ha ricevuto diverse nomination agli Oscar e ha contribuito a sensibilizzare il pubblico dell’epoca sulle vicende israelopalestinesi, sebbene ad oggi la sua rappresentazione epica delle gesta degli israeliani sia alquanto discussa.
Diretto dal regista palestinese Hany Abu-Assad Paradise Now propone una visione volutamente controversa delle dinamiche del conflitto israelopalestinese. Il film racconta la storia di due ragazzi palestinesi, Said e Khaled, amici da quando avevano otto anni, che, ormai adulti, vengono scelti per partecipare, come kamikaze, a un attentato in Israele. La trama esplora l’amicizia, le paure, le illusioni e i dubbi dei due giovani, nelle 24 ore che li separano dall’azione suicida, attraverso cui credono di poter fuggire all’inferno di ogni giorno e trovare il loro Paradiso. Paradise Now ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui la candidatura all’Oscar come Miglior Film Straniero, per lo sguardo dissacrante che offre sulla psicologia degli attentatori, così come sul clima di disperazione che affligge il popolo palestinese.
Diretto dal regista israeliano Eran Riklis, Il giardino dei limoni narra la battaglia legale tra la vedova palestinese Salma e il Ministro della Difesa israeliano riguardo al possesso di un limoneto situato al confine della Cisgiordania, dove il Ministro intende costruire la sua nuova villa. Il film si contraddistingue per la sua aspirazione neo-realista di trasformare un’apparentemente semplice querelle quotidiana in un simbolo di una questione molto più ampia. Al centro della trama, c’è il tema non solo del diritto di proprietà, ma di memoria, eredità e il legame personale con la terra natale e le proprie radici, con un’intensa performance da parte di Hiam Abbass, che dà vita a un personaggio femminile di grande dignità e coraggio.
Film del 2005 diretto da Steven Spielberg, Munich affronta le dimaniche del terrorismo internazionale, a partire dalle conseguenze politiche dell’operazione di rappresaglia condotta da Israele in risposta al massacro delle Olimpiadi di Monaco del 1972. La trama segue le azione della squadra segreta israeliana del Mossad incaricata di eliminare i responsabili dell’attacco terroristico, in una missione denominata “Ira di Dio”. Con un approccio equilibrato e complesso alla violenza politica e alle sue implicazioni morali, Spielberg esplora il concetto di vendetta e le conseguenze psicologiche sui membri della squadra, sollevando interrogativi profondi sul senso di giustizia e di etica.
Candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2019, Valzer con Bashir è un film d’animazione uscito nel 2008, diretto dall’israeliano Ari Folman. La pellicola affronta un evento straziante: il massacro avvenuto nei campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano, nel settembre 1982, perpetrato dalle Falangi libanesi con il sostegno dell’esercito israeliano. Questo eccidio ha portato a un numero imprecisato di morti, con alcune stime che raggiungono addirittura i 3.500, in gran parte palestinesi. La storia, fortemente autobiografica, ha per protagonista Ari, un ex soldato israeliano che ha perso la memoria degli eventi di quel tragico periodo e intraprende un viaggio di auto-rivelazione per cercare di ricostruire quei giorni oscuri. Valzer con Bshir è un’opera cinematografica poetica, visionaria e coraggiosa. Rappresenta un potente atto di impegno civile contro l’assurdità della guerra, sottolineando la necessità di guardare al passato e affrontare le verità scomode. Il film è una visione imprescindibile per chi desidera comprendere meglio gli orrori della guerra e la ricerca della verità.
Premiato con il Leone d’Oro alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Lebanon di Samuel Maoz è uno dei film sul conflitto tra Israele e Palestina più rilevanti del XXI secolo. Ambientato interamente all’interno di un carro armato israeliano, durante la prima guerra del Libano del 1982, la trama offre uno spaccato dell’incubo di una guerra in cui prevale il senso di incertezza. Lebanon rappresenta in modo magistrale il caos e l’orrore della guerra, dove gli uomini diventano carne da cannone, costretti a esplorare le zone più oscure della loro anima. È un racconto emozionante e umano che riflette sull’incapacità del singolo di essere veramente libero in una parte del mondo distrutta dalla guerra.
Uno dei pochi esempi di cinema palestinesi, 200 metri di Ameen Nayfeh si concentra sulla vita dei cittadini nei territori occupati. La trama segue la storia di una famiglia palestinese costretta a vivere separata a una distanza di appena 200 metri a causa del muro israeliano. Il film ci presenta una vita ai limiti del paradosso, ma profondamente veritiera, in cui marito, moglie e figlio si scambiano piccoli gesti d’affetto da una casa all’altra, nonostante la separazione forzata. Tuttavia, la storia prende una piega drammatica quando il figlio della coppia viene ricoverato in ospedale, costringendo il padre a un viaggio disperato per riuscire a superare il confine, sebbene sia in realtà così vicino alla sua famiglia. La metafora è chiara e evidente: si tratta del paradosso di due nazioni che condividono lo stesso territorio, ma che sono profondamente divise da dinamiche di potere squilibrate. 200 Metri proprone una riflessione toccante sulle sfide umane e familiari affrontate da coloro che vivono nei territori occupati, mentre il muro israeliano separa le persone e limita la loro libertà.
Dopo la sua presentazione al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è uscito nei mesi scorsi Golda, film biografico sulla vita di Golda Meir, la leggendaria figura della politica israeliana, Primo Ministro tra il 1969 e il 1974. Nata in Ucraina e giunta in Palestina nel 1921, Meir durante il suo governoha affrontato eventi significativi del conflitto israeliano palestinese, come il massacro delle Olimpiadi di Monaco e la Guerra del Kippur. La regia è affidata a Guy Nattiv, mentre il ruolo di Golda Meir è interpretato dalla straordinaria Helen Mirren.
Diretto dal rinomato regista israeliano Amos Gitai, Kippur racconta la storia di due soldati riservisti che cercano disperatamente di raggiungere il loro reparto nel corso della giornata del 6 ottobre 1973, noto come il giorno dello Yom Kippur. Si tratta della data che segna l’inizio dell’attacco militare da parte di Egitto e Siria contro lo Stato di Israele, scatenando un conflitto che porterà a una dura risposta israeliana e culminerà in un cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite dopo 14 giorni di massacro.
Dalla parola araba che significa “caos”, Fauda è una serie televisiva israeliana di quattro stagioni, interpretata da Lior Raz, un attore che ha effettivamente fatto parte delle forze speciali di Tel Aviv, e è tornato di recente al fronte per portare aiuti alle famiglie che hanno subito perdite. Nella serie, Riaz veste i panni di Doron Kabilio, un ufficiale dei reparti speciali dello Shin Bet infiltrato a Gaza e in Cisgiordania per intercettare “La Pantera”, un terrorista di Hamas responsabile di vari atti sanguinosi.
Di recente rinnovata per una terza stagione, che vedrà l’ingresso di Hugh Laurie nel cast, Teheran ruota attorno al personaggio di Tamar Rabinyan, interpretata da Niv Sultan, una giovane hacker che lavora per il Mossad, alla quale viene affidato il compito delicato di tornare nel suo Paese e assistere il servizio segreto israeliano nell’hackerare una centrale nucleare. Ispirata liberamente a fatti accaduti nella realtà, la serie mostra il ruolo dell’Iran nelle tensioni israelo-palestinesi e nella contemporanea situazione di conflitto in corso, con un affondo sulla delicata incognita del programma nucleare degli Ayatollah, argomento di crescente preoccupazione a livello internazionale.
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